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Scuola, il ritorno in classe fa paura. Si ragiona sui test salivari per il Covid

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Maria Elena Ribezzo
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Il 26 aprile, giorno in cui il governo intende riaprire tutte le scuole in presenza al 100% è sempre più vicino. Ogni minuto è prezioso per prepararsi, ma sindacati e presidi dubitano che si tornerà tra i banchi in condizioni di sicurezza adeguate. I nodi dei mesi scorsi non si sono mai sciolti e, intanto, gli incontri proseguono serrati. Ieri si sono tenuti due tavoli, uno sui protocolli di sicurezza (che sono ancora quelli di marzo dello scorso anno e non sono mai stati aggiornati), e uno sul reclutamento degli insegnanti. Oggi invece si riunirà il Cts per dare risposte al quesito che il ministero dell'Istruzione ha posto a quello della Salute: se cioè il protocollo non si debba irrigidire, vista la diffusione delle varianti del Coronavirus, più contagiose. Alle 17 si riunirà anche il tavolo Governo-Regioni, con l'Upi e l'Anci.

 

 

A vantaggio del protocollo, c'è l'approssimarsi della stagione estiva, che consentirà di tenere le finestre spalancate. Per sindacati e presidi il Paese non è pronto. Ma sul la data del 26, precisa il ministro Patrizio Bianchi, c'stata un'«azione parlamentare che ha impegnato tutti i gruppi nella comune volontà di riaprire in presenza». Vuole essere un «segno importante»: «la scuola prima, non ultima. È un'indicazione politica che diamo a tutta la Nazione», dice il titolare di Viale Trastevere. I problemi ci sono, ma «li affronteremo», assicura. «Non siamo né ciechi né astratti, siamo gente che lavora». Mezzi di trasporto pubblici troppo affollati, scarsità di personale, interruzione della campagna vaccinale per gli insegnanti, tracciamento inesistente, mancanza di impianti di aerazione. Su questo insistono dirigenti scolastici e parti sociali, preoccupati che si torni a una scuola aperta e chiusa a macchia di leopardo.

 

 

Accantonata l'idea di tamponi a tappeto per tutti gli studenti, che sarebbe inapplicabile, ora si ragiona sui test salivari rapidi a campione: «Sarebbero di grande aiuto, ancora non abbiamo avuto notizie certe, sarebbe comunque una situazione innovativa che vedo con favore», commenta il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga. Propone di agire sullo scaglionamento degli orari di ingresso e uscita, ma anche di ragionare meglio sulla modulazione delle percentuali. Di certo, precisa: «Bisogna raccontare la verità, dire dove si può arrivare e dove no». In Puglia, il governatore Michele Emiliano ha sollevato polemiche lasciando le scuole aperte, con la possibilità per le famiglie di scegliere se far seguire le lezioni ai ragazzi in presenza o a distanza. Una soluzione che trova contrario il consigliere del ministro Bianchi, Agostino Miozzo: «Anche in videoconferenza con i sindacati è stato esplicitato l'auspicio che il territorio si comporti come il ministero auspica che succeda - racconta -, non sono per niente d'accordo sul lasciare l'opzione di scelta alle famiglie».

 

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