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Beppe Grillo difende il figlio Ciro e getta fango su una ragazzina violentata

Franco Bechis
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Ieri è esploso come una bomba un video di poco più di un minuto e mezzo pubblicato da un Beppe Grillo apparentemente fuori di sé a difesa del figlio Ciro, sotto accusa da quasi due anni per una presunta violenza sessuale di gruppo nei confronti di due ragazze con meno di venti anni avvenuto in Costa Smeralda nella villa del fondatore del M5s il 16 luglio 2019. “Mio figlio”, esordisce urlando come farà in tutto il video Grillo, “è su tutti i giornali come stupratore seriale insieme ad altri 3 ragazzi...Io voglio chiedere chiedere veramente perché un gruppo di stupratori seriali non sono stati arrestati, la legge dice che vanno presi e messi in galera e interrogati. Sono liberi da due anni, ce li avrei portati io in galera a calci nel culo. Allora perché non li avete arrestati? Perché vi siete resi conto che non è vero niente, non c'è stato niente perché chi viene stuprato e fa una denuncia dopo 8 giorni vi è sembrato strano. Se non avete arrestato mio figlio arrestate me perché ci vado io in galera (...) E poi c'è tutto un video, passaggio per passaggio, in cui si vede che c'è un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si divertono e ridono in mutande e saltellano con il pisello, così...perché sono quattro coglioni”.

 

 

Ho riportato le sue parole come erano perché non avrei trovate altre per fare capire cosa è uscito dalla bocca dell'uomo che da tre anni è al centro del potere in Italia sostenendo con il suo Movimento 5 stelle non uno, ma tre diversi governi con il gruppo di maggioranza relativa. Sono parole tremende quelle uscite dalla sua bocca, ancora di più se si pensa all'orrore della ipotesi di accusa che incombe sul capo del figlio di Grillo, identica addirittura in molti particolari a quella che ha originato il caso di Alberto Genovese e della sua terrazza milanese (ed effettivamente Genovese fu arrestato). Quel video certo è la difesa che un padre fa di un figlio, anche se nessun padre farebbe un video così, e proprio nessuno a due anni dai fatti. Ma è anche il linciaggio ignobile delle presunte vittime, che secondo Grillo mai sarebbero state stuprate perché lui ne ha la prova (che nessun altro ha) in un video girato da un telefonino dei presunti violentatori, dove sarebbe evidente che c'era consensualità. Secondo Grillo al massimo quattro ragazzi che compiono atti sessuali in serie su una ragazza riprendendosi in mutande con il pisello in mano al massimo sono un po' “coglioni”, ma è indubbio che la ragazza avesse voglia di quel rapporto non con uno, ma con quattro uno dopo l'altro  perché sarebbe evidentemente il sogno di ogni ragazza potere giacere con il frutto dei lombi di Grillo e mentre quello fatto il suo dovere si fumava una sigaretta, avanti gli altri. Una bestialità che se fosse stata pronunciata da chiunque altra sarebbe seguita dal linciaggio, in primis per mano dei seguaci di Grillo. Non è bastata questa incivile colata di fango sulla ragazza che per la procura sembra essere la vittima della violenza. No, Grillo ha voluto aggiungere un altro carico di bestialità disumana: il dileggio per una ragazza che dopo la violenza sarebbe salita il giorno dopo su un kite surf e che ha aspettato otto giorni per presentare poi a Milano con il sostegno della sua famiglia la denuncia per violenza sessuale da cui è nato il procedimento.

Ricordo a Grillo che il movimento da lui fondato si è posto come medaglia sul petto l'approvazione subito dopo quella presunta violenza sessuale (agosto 2019) della legge contro la violenza sulle donne conosciuta come “codice rosso”. Fu l'attuale grillina vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni, a presentare un emendamento che fu approvato ed oggi è legge per allungare da 6 a 12 mesi il tempo massimo entro cui una vittima poteva presentare denuncia per una violenza sessuale subita. Altro che otto giorni! Avrei voluto sentire ieri l'indignazione della Spadoni per quelle parole di Grillo, ma non ne ha avuto il coraggio. Lo hanno avuto solo due esponenti del M5s in tutta Italia: la deputata Federica Daga (che subì violenza sessuale) e la consigliera grillina al comune di Oristano, Patrizia Cadau, che ha definito quel video “imbarazzante”. I pochi altri del Movimento intervenuti hanno dato “solidarietà umana” a un padre che difende un figlio, una barriera di fronte alla quale si sono ritirati anche avversari politici di sempre.

 

 

Quel video di Grillo di ieri non può essere banalizzato e tanto meno perdonato come lo sfogo di un padre. Sarebbe stato umanamente comprensibile due anni fa, quando Grillo seppe della presunta violenza. O magari due mesi dopo i fatti, quando divennero pubblici con un riserbo lodevole ma assai raro. Si seppe di quella presunta violenza infatti solo il 6 settembre 2019, esattamente il giorno dopo l'entrata in carica con tutti i poteri del secondo governo di Giuseppe Conte, basato sul patto fra M5s e Pd. Dopo due anni e tanto silenzio come non si è osservato in nessun altro caso paragonabile, non esiste sfogo di padre e non me la sento di essere comprensivo per questo. 

Sono padre di tre figli, una femmina e due maschi. Fossi stato io il padre in quel luglio 2019 certo mi sarei sentito smarrito, sconfitto, dilaniato per il mio fallimento prima ancora di quello di mio figlio. Sarei stato disperato, ma se mio figlio mi avesse detto che la ragazza ci stava e fatto vedere un video in cui lui e tre suoi amici si divertivano con il pisello di fuori davanti a una ragazzina ubriaca e ubriacata per poi fare i loro comodi su di lei, la rabbia mi avrebbe reso cieco e sarebbe partito di istinto uno sganassone che il figlio avrebbe ricordato forse più di qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere dopo. Poi certo sarei restato padre e avrei vissuto con vergogna e silenzio tutto quel che sarebbe accaduto dopo. A fianco di mio figlio, anche abbracciandolo. Nè io - ma credo nessun altro padre - avrebbe mai registrato un video come quello di ieri. Che ha protagonista un leader politico, non un padre.

Su una cosa però Grillo ha ragione: due anni per non essere arrivati a stabilire ipotesi di colpevolezza o di archiviazione sono una enormità in un caso così dove tutti gli elementi furono raccolti in poche settimane. Non è accettabile per nessuno un sistema giudiziario così. Per qualsiasi reato, figurarsi poi per una ipotesi di violenza sessuale. Anche perché questo dilatarsi inspiegabile dell'indagine giustifica ogni sospetto. Una vicenda giudiziaria che ha accompagnato e ritmato i tempi della politica. Restando sotto traccia e riemergendo in momenti cruciali. Tutto taceva quando M5s dovette passare dalle invettive contro il “partito di Bibbiano” al matrimonio con lo stesso. Riesplosa ora quando quel partito che tanto ha perso per strada è importante ma non più decisivo per le sorti del paese.

 

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