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Basta allarmi sulle riaperture, non c'è pericolo. Un anno fa i contagi calarono

Dario Martini
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I virologi favorevoli alla linea dura non hanno digerito la parziale riapertura dell'Italia che scatterà il 26 aprile. Si sono scagliati contro la frase di Draghi per culle decisioni del governo sono «un rischio calcolato». I contestatori del premier sono quei medici che ormai milioni di italiani hanno imparato a conoscere bene nell'ultimo anno. Sono soprattutto Massimo Galli e Andrea Crisanti, entrambi concordi che, così facendo, rischiamo di esporre il Paese ad un pericolo enorme. Non hanno dubbi: i contagi inesorabilmente ripartiranno. Per il direttore di Malattie infettive del Sacco di Milano quello di Draghi è un «rischio calcolato male» e «il sistema dei colori non ha funzionato». Secondo l'esperto, in questi giorni «la curva dei contagi vede una flessione appena accennata», ma teme «che avremo presto un segno opposto». Anche il direttore di Microbiologia di Padova è pessimista: «Con una situazione di contagio elevato, pensare alle riaperture vuole dire che tra un mese avremo un aumento dei casi di Covid, l'estate sarà a rischio e dovremmo richiudere».

 

 

Anche il virologo Fabrizio Pregliasco teme un «liberi tutti». Ritiene che le aperture siano ormai necessarie, con un Paese economicamente in ginocchio. Ma «questo significherà pagare un prezzo». «In questo momento - spiega - ogni contatto è a rischio e quindi più contatti abbiamo più statisticamente possiamo incappare in quello dell'infezione». Come sappiamo, però, le riaperture che partiranno il 26 aprile sono limitate. I ristoranti e i bar potranno servire i propri clienti solo all'aperto. Al chiuso lo potranno fare solo dal primo giugno, e solo a pranzo. Le piscine potranno riaprire all'aperto dal 15 maggio e al chiuso dal primo giugno. Il coprifuoco al momento non dovrebbe cambiare. Palazzo Chigi intende lasciarlo alle 22 per tutto maggio. Certo, dal 26 aprile, riapriranno anche le scuole. Ed è proprio li che i contagi galoppano maggiormente, come dimostrano anche gli ultimi dati diffusi dall'Iss.

 

 

Ma siamo sicuri che permettere agli italiani di restare più tempo all'aperto sia l'assicurazione che i contagi riprenderanno a correre come sostengono Crisanti e Galli? Vediamo cosa accadde un anno fa. Era il 15 maggio quando il governo Conte stabiì la riapertura delle attività economiche. Il ministero della Salute registrò che quel giorno in Italia c'erano 72.070 persone positive al Covid. Esattamente un mese dopo, il 15 giugno, con il Paese che aveva ripreso a vivere, gli italiani contagiati erano 25.909, circa tre volte meno. Il 15 luglio erano meno della metà: 12.493. Un crollo verticale. Il mese dopo, a Ferragosto, erano aumentati, seppur di poco: 14.406. È da settembre che i contagi ripresero a salire: 39.712 a metà settembre e 99.266 a metà ottobre. E allora che ci fu il boom, con la seconda ondata che fece schizzare i contagi a 712.490 (15 novembre). Un anno fa, con l'arrivo della bella stagione, la diffusione del virus ebbe una drastica riduzione. Molti esperti hanno spesso spiegato che ciò fu possibile grazie ai sacrifici fatti nel lockdown. Ma, come ha spiegato in passato il presidente dell'Aifa, Giorgio Palù, «il caldo non aiuta il virus e i raggi ultravioletti, nel periodo giugno-settembre, hanno un effetto virucida». E l'allentamento vero delle restrizioni arriverà proprio da giugno. Forse è proprio questo il «rischio ragionato» a cui si riferisce Draghi.

 

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