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Domenica In, Vaia bastona i "colleghi menagrami". Botte da orbi tra virologi

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Non ne può più di menagrami e professori col ditino alzato Francesco Vaia, direttore sanitario dell'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani, in prima linea contro il Covid. Vaia è ospite di Mara Venier nella puntata del 18 aprile di Domenica In e non fa sconti ai colleghi mentre chiarisce - anche al governo - diversi punti su vaccino, riaperture e contrasto alla diffusione dei contagi. 

 

Le responsabilità, di tutti, sono molteplici: "Sono stati commessi errori dalla comunità scientifica, dalle autorità regolatorie, dalla politica che ha balbettato. Non ha deciso subito e si è nascosta dietro i tecnici, che non devono decidere. Noi siamo ancora in guerra, vogliamo capirlo o no? Il capo dell’armata deve decidere, ascoltando i suoi ufficiali", ha detto Vaia che ribadisce il concetto: "Nessun vaccino elimina del tutto la contagiosità o la mortalità con percentuali altissime, ma rischio zero non c’è per nessun vaccino. Ai cittadini dico ‘fidatevi’: se siete prenotati con il vaccino AstraZeneca, fatelo".

 

Ma, dicevamo, sul banco degli imputati c'è anche la comunità scientifica e i vari virologi e infettivologi che si alternano in tv: "Cari colleghi, vi supplico, smettetela di dire ‘le mie perplessità’. Si finisce per disorientare il pubblico. I colleghi menagrami non li sopporto più", è la stoccata nel salotto domenicale di Mara Venier. 

L'Italia va verso la riapertura, in modo progressivo e scaglionato, di diverse attività. "All’aperto la contagiosità è ridotta a percentuali ridicole, io sono d’accordo con il presidente Draghi", dice Vaia riferendosi alla svolta annunciata dal premier a partire dal 26 aprile e nelle zone gialle. E il sistema dei colori? "Tenendo le zone gialle e arancioni manteniamo un senso di premialità, con la vaccinazione che prosegue si possono guadagnare spazi di socialità".

 

Poi il messaggio al governo Draghi: "Sia condottiero, investa su trasporti e scuola. Stiamo facendo benissimo ad aprire, il tema è investire per andare avanti lungo questa strada. Guai ad una società che non fa rientrare i ragazzi a scuola: bisogna aumentare le aule, mettendo 10 ragazzi in una classe e non 20". Anche perché, come scritto oggi sul Tempo dal direttore Franco Bechis, in testa alle tabelle sulla crescita dei contagi sono balzate le classi d'età più basse, quelle dei bambini e dei ragazzi tornati in classe. 

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