terremoto al miur
Giovanna Boda, le accuse dietro il gesto estremo. "679mila euro in cambio di appalti e incarichi", terremoto al Miur
Accuse gravissime quelle di corruzione che sembrano essere alla base del tragico gesto di Giovanna Boda, la dirigente del Ministero dell'Istruzione Miur che ha tentato il suicidio oggi a Roma, lanciandosi da una finestra dello studio del suo avvocato.
A svelare il terremoto giudiziario al ministero è stata La Verità con un lungo articolo sull'inchiesta della Procura di Roma a carico della dirigente di prima fascia e capo del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, questo l'incarico affidatole su proposta del ministro Lorenzo Fioramonti nel secondo governo di Giuseppe Conte.
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Ieri la casa e l'ufficio di Giovanna Boda sono stati perquisiti dalla Guardia di finanza così come quelli del presunto corruttore, si legge su La Verità, Federico Bianchi di Castelbianco (psicoterapeuta ed editore), e di una collaboratrice della capo dipartimento.
Nel decreto di perquisizione, scrive il quotidiano, si legge che la Boda in veste di pubblico ufficiale "riceveva indebitamente per l'esercizio delle sue funzioni e/o dei suoi poteri (...) somme di denaro e/o utilità per sé e/o per terzi per complessivi 679.776,65 euro". Inoltre la Boda avrebbe avuto in uso anche la carta di credito di Bianchi "per ogni genere di spesa".
BIanchi, si legge, si è aggiudicato affidamenti attraverso società a lui riconducibili da parte del Miur con decreti a firma della Boda, ognuno inferiore ai 40.000 mila euro dopo i quali è impossibile l'erogazione diretta. Affidamenti, incarichi e appalti sono ora sotto la lente degli investigatori.
Ma chi è Giovanna Boda, che lotta tra la vita e la morte dopo il gesto estremo compiuto oggi pomeriggio? Nata nel 1974, laureata in psicologia dello sviluppo e ricercatrice, è figlia di Titti Palazzetti, ex sindaco Pd di Casale Monferrato. La sua carriera comincia nel 1999 con la collaborazione con il Miur fino a diventare nel 2016, promossa dal governo di Matteo Renzi, dirigente di prima fascia e braccio destro dell'allora ministra alle Pari opportunità Maria Elena Boschi.