san pietro
Papa Francesco, l'omelia alla veglia di Pasqua: nel buio della pandemia Dio invita a ricominciare
«Ecco il primo annuncio di Pasqua che vorrei consegnarvi: è possibile ricominciare sempre, perché sempre c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti». Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia durante la veglia di Pasqua. «Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte, anche dai frammenti rovinosi della nostra umanità Dio prepara una storia nuova», ha proseguito, «Egli ci precede sempre: nella croce della sofferenza, della desolazione e della morte, così come nella gloria di una vita che risorge, di una storia che cambia, di una speranza che rinasce. E in questi mesi bui di pandemia sentiamo il Signore risorto che ci invita a ricominciare, a non perdere mai la speranza».
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A San Pietro la solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa presieduta da Papa Francesco presso l’Altare della Cattedra. Il rito della Benedizione del fuoco si svolge ai piedi dell’Altare della Confessione. La processione iniziale si svolge dall’Altare della Confessione a quello della Cattedra passando dal lato dell’«Altare di San Giuseppe». Al canto del Gloria ha luogo la progressiva accensione della Basilica, fino all’illuminazione completa. Nel corso della cerimonia è omessa la preparazione del Cero pasquale e non hanno luogo i battesimi, ma la sola Rinnovazione delle promesse battesimali, preceduta dalla benedizione dell’acqua lustrale.
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La fede per essere viva deve rimettersi sempre «in strada», esplorare «nuove vie». Lo sottolinea il Papa presiedendo la Veglia di Pasqua nella Basilica di San Pietro. «Tanti - ammonisce Francesco- vivono la ’fede dei ricordi', come se Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù ormai lontano, un fatto accaduto tanto tempo fa, quando da bambino frequentavo il catechismo. Una fede fatta di abitudini, di cose del passato, di bei ricordi dell’infanzia, che non mi tocca più, non mi interpella più». La fede è altra cosa, avverte Bergoglio: «Andare in Galilea significa imparare che la fede, per essere viva, deve rimettersi in strada. Deve ravvivare ogni giorno l’inizio del cammino, lo stupore del primo incontro. E poi affidarsi, senza la presunzione di sapere già tutto, ma con l’umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio. Andiamo in Galilea a scoprire che Dio non può essere sistemato tra i ricordi dell’infanzia ma è vivo, sorprende sempre. Risorto, non finisce mai di stupirci».
Questo il «secondo annuncio di Pasqua» che Bergoglio consegna ai fedeli: «La fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio superato. Egli è vivo, qui e ora. Cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro. Apre vie nuove dove ti sembra che non ci siano, ti spinge ad andare controcorrente rispetto al rimpianto e al ’già vistò. Anche se tutto ti sembra perduto, apriti con stupore alla sua novità: ti sorprenderà».
Il pensiero di Bergoglio va agli ’scartati', agli ultimi della terra: «Andare in Galilea significa, inoltre, andare ai confini. Perché la Galilea è il luogo più distante: in quella regione composita e variegata abitano quanti sono più lontani dalla purezza rituale di Gerusalemme. Eppure Gesù ha iniziato da lì la sua missione, rivolgendo l’annuncio a chi porta avanti con fatica la vita quotidiana, agli esclusi, ai fragili, ai poveri, per essere volto e presenza di Dio, che va a cercare senza stancarsi chi è scoraggiato o perduto, che si muove fino ai confini dell’esistenza perché ai suoi occhi nessuno è ultimo, nessuno escluso. Lì il Risorto chiede ai suoi di andare, anche oggi. E il luogo della vita quotidiana, sono le strade che percorriamo ogni giorno, sono gli angoli delle nostre città in cui il Signore ci precede e si rende presente, proprio nella vita di chi ci passa accanto e condivide con noi il tempo, la casa, il lavoro, le fatiche e le speranze».
Dio, dice Francesco, è nel volto degli ultimi: « In Galilea impariamo che possiamo trovare il Risorto nel volto dei fratelli, nell’entusiasmo di chi sogna e nella rassegnazione di chi è scoraggiato, nei sorrisi di chi gioisce e nelle lacrime di chi soffre, soprattutto nei poveri e in chi è messo ai margini. Ci stupiremo di come la grandezza di Dio si svela nella piccolezza, di come la sua bellezza splende nei semplici e nei poveri».