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Dati da zona gialla in mezza Italia, ma resta la linea dura. Accanimento sulle regioni

Dario Martini
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Migliorano i dati del monitoraggio settimanale dell'Istituto superiore di sanità sull'andamento dell'epidemia nel nostro Paese. L'indice del contagio Rt, a livello nazionale pari a 0,98, scende sotto la soglia critica di 1. Anche un altro indicatore, considerato decisivo nel decretare le zone rosse o arancioni, è in sensibile miglioramento: solo quattro regioni, infatti, superano i 250 casi ogni 100mila abitanti (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Toscana). Eppure, la cabina di regia del ministero della Salute e dell'Iss raccomanda al governo di continuare sulla linea del rigore. Nessun ritorno alle zone gialle, che restano bandite fino al 30 aprile. A preoccupare, infatti sono gli ospedali, «sovraccaricati» di pazienti Covid.

 

 

Gli esperti non ammettono deroghe: «Si ribadisce, anche alla luce della predominanza di varianti virali a maggiore trasmissibilità, la necessità di mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone e della mobilità». È passato più di un anno dall'inizio della pandemia. I numeri della campagna vaccinale stanno iniziando ora a crescere. Il problema, però, è lo stesso della primavera del 2020: i posti nei reparti. Sono dodici le regioni, più la provincia autonoma di Trento, con un tasso di occupazione delle terapie intensive oltre la soglia critica del 30%. I dati peggiori sono in Lombardia (61%), Marche (60%), Piemonte (59%) ed Emilia Romagna (52%). Sono dieci, invece, le regioni con le aree mediche che superano la soglia critica del 40%. Significa che ci sono sette regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Sardegna, Sicilia, Valle d'Aosta e Veneto), più la provincia di Bolzano, con le terapie intensive per cui non è ancora scattato l'allarme. E altre nove regioni, più Trento e Bolzano, con le aree mediche degli ospedali che ancora non preoccupano.

 

 

Come detto, anche l'indice Rt è in miglioramento. In nove regioni è sotto 1. Nel Lazio, ad esempio, è 0,98. L'Abruzzo ha il livello più basso, pari a 0,81. In questa regione anche l'incidenza dei casi ogni 100mi1a abitanti è bassa: 152. Il governatore Marsilio, infatti, dice che la sua regione meriterebbe tranquillamente di tornare gialla, ed invece resta arancione: «Perché i grandi numeri espressi dalle grandi regioni schiacciano le piccole realtà». Solo le terapie intensive e le aree mediche risultano sopra la soglia d'allerta, anche se di poco: rispettivamente 32% e 42%. Tutto ciò «dovrebbe consentire all'Abruzzo di avere un altro regime - aggiunge Marsilio - purtroppo non sarà così per una scelta nazionale che però penalizza l'Abruzzo come l'Umbria e le regioni che avevano avuto in anticipo la terza ondata, che sostanzialmente la stanno superando».

Invece, per il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, è troppo presto per allentare la stretta: «La curva epidemica inizia a decrescere ma si tratta di una decrescita molto lenta. L'incidenza è ancora alta, e c'è una forte pressione sulle strutture sanitarie. Serve ancora molta attenzione». Anche nella maggioranza che sostiene il governo ci sono vedute molto diverse. Per il ministro Speranza «prima di poter riaprire servono dati diversi». Mentre per il leader della Lega, Matteo Salvini, «è difficile avere rapporti con qualche ministro di sinistra per cui l'ideologia prevale sulla scienza». Ci sono delle regioni, però, che dopo Pasqua potranno iniziare a tirare il fiato. Marche, Veneto e provincia di Trento da martedì torneranno arancioni.

 

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