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Covid, gli ospedali di Roma restano senza letti. Pronto soccorso vicini al collasso

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Antonio Sbraga
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Sono sempre di più i «senza-letto» nei 48 Pronto soccorso laziali. Costretti a restare per ore sulle ambulanze incolonnate in fila, o anche per giorni sulle barelle delle astanterie in attesa di ricovero o trasferimento (fino a 688 registrati alle ore 14 di ieri), anche perché gli ospedali da due settimane tardano nell'attivazione di ben 674 posti letto. «I dati settimanali indicano di attuare la fase di attivazione per lo scenario di rischio 4 come già indicato nella nota del 12 marzo 2021», ha infatti tenuto a ricordare nella comunicazione inviata a tutte le Asl e alle aziende ospedaliere il direttore regionale, Massimo Annichiarico.

 

 

Perché «la rilevazione mostra un aumento settimanale del valore di Rdt, superiore a 1 con un indice di occupazione superiore all'85%» dei posti letto attualmente riservati ai pazienti-Covid, che sono complessivamente 3651. Perché è da almeno 19 giorni che la Regione chiede alle aziende sanitarie di preparare il passaggio alla fase di attivazione della Rete per il completamento dello Scenario di rischio 4, che prevede un totale di 4.325 posti letto-Covid. Ieri la Regione ha dato l'ultimatum, concedendo tre giorni ai nosocomi, in special modo ai 10 più grandi di Roma. I quali, inderogabilmente «entro il 3 aprile, devono completare l'attivazione dei posti letto previsti nelle seguenti strutture: Ospedali Santo Spirito (38 posti letto ancora da attivare, ndr), San Filippo Neri (23), Sant'Eugenio (47), Pertini (61), San Giovanni Addolorata (24), San Camillo-Forlanini (35), Umberto I (39), Sant'Andrea (33), Tor Vergata (40) e Spallanzani (14 di Terapia intensiva)». E, non a caso, proprio l'ospedale Pertini, che risulta in ritardo con il maggior numero di letti da attivare (61) è anche quello che ieri aveva i due terzi dei pazienti in trattamento al Pronto Soccorso in attesa di un posto nei reparti: 73 su 96.

 

 

Ma lo «stato di allerta su tutta la rete» ospedaliera riguarda anche i nosocomi più piccoli, come quello di Subiaco, dove da 4 mesi e mezzo l'Asl Roma 5 tiene chiuso l'intero reparto dell'ex Lungodegenza, dopo aver svuotato 10 posti letto dal 16 novembre scorso. Ieri il numero complessivo dei degenti-Covid nei reparti d'area medica è arrivato a 3.044, pari ad un tasso d'occupazione del 47%, tre punti in più della media nazionale e 7 oltre la soglia critica fissata dal Ministero della Salute. Anche nelle Terapie intensive il tasso d'occupazione è 9 punti percentuali oltre la soglia critica: con i nuovi 26 ricoveri effettuati ieri, infatti, il numero complessivo dei degenti-Covid è arrivato a 371, pari al 39%. E pure nei reparti di Terapia intensiva gli ospedali sono in ritardo nell'attivazione di 32 posti letto: attualmente ne sono attivi 440 ma, secondo lo Scenario di rischio 4, ne dovrebbero essere disponibili 472 per i pazienti-Covid. Oltre ai 14 dello Spallanzani, ne mancano all'appello «10 al Pertini, 9 a Tor Vergata, 8 al Sant' Eugenio, e 4 al San Giovanni Addolorata e all'ospedale dei Castelli». Poi ci sono quelli annunciati da un anno, come i 4 aggiuntivi di Colleferro e i 4 nuovi di Palestrina, che nella comunicazione regionale di ieri ancora non risultano attivi. Proprio mentre i primari tornano a rivelare d'essere costretti a scegliere quali degenti destinare ai pochi posti salvavita rimasti a disposizione.

 

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