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AstraZeneca e le trombosi, la difesa del neurobiologo Gilestro: "Senza vaccino c'è un rischio 100mila volte più alto"

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“La corsa a vaccini considerati dall'opinione pubblica più sicuri non ha senso”. A prendere le difese di AstraZeneca e del suo vaccino contro il Covid ci ha pensato Giorgio Gilestro, neurobiologo torinese che lavora da vent'anni in Inghilterra, dove insegna alla facoltà di Scienze Naturali dell'Imperial College di Londra, a South Kensington, uno degli istituti più prestigiosi della nazione. Il neurobiologo, intervistato da Libero, smonta con un’analisi statistica le tesi di chi considera AstraZeneca un vaccino non sicuro: “Fingiamo che tutti gli effetti collaterali gravi segnalati siano davvero collegati al vaccino Astrazeneca, il rischio sarebbe di un caso ogni milione di iniezioni, addirittura uno su 3 milioni se consideriamo anche i decessi. Statisticamente chi non si vaccina ha fino a 100mila volte in più la probabilità di finire in terapia intensiva. I numeri parlano chiaro. E il mio, attenzione, è un ragionamento che tiene conto della peggiore delle ipotesi, ossia che abbiano ragione gli studiosi norvegesi, i quali rimangono convinti della relazione tra alcuni casi di trombosi cerebrali e il vaccino inglese”. 

 

 

L’argomento AstraZeneca è stato sulla bocca di tutti in Italia e in altre nazioni, non in Gran Bretagna: “Per giorni qui quotidiani e televisioni non hanno detto nulla sulle trombosi. Non c'era scritto da nessuna parte che i Paesi del Nord Europa aveva ritirato i lotti. C'era solo un trafiletto in fondo al Guardian che diceva ‘Astrazeneca ritirato in Thailandia’. L'attenzione si è un po' alzata solo quando l'ha ritirato dal commercio l'Irlanda, ma i toni sono sempre rimasti molto rassicuranti. Il fatto è che nel Regno Unito su circa 12 milioni di vaccinazioni con Astrazeneca non risultano conseguenze negative serie, o comunque sono percentualmente irrilevanti. Se il problema - prosegue il neurobiologo - fosse il vaccino in sé, qualcosa qui sarebbe successo, è evidente”. 

 

 

Lo scienziato piemontese va avanti con la sua analisi: “In quest'anno di pandemia è stato accertato che i trombi polmonari sono stati una causa molto frequente di morte. Il virus durante l'infezione ha la capacità di modificare il sangue, e non è chiaro se ciò derivi dal virus stesso o dalla risposta immunitaria degli anticorpi prodotti dal nostro organismo. Il vaccino, in una percentuale infinitesimale di persone, potrebbe andare a interferire con uno di questi fattori. Lo si capirà meglio nelle prossime settimane dato che le analisi sui pazienti saranno sempre più serrate. Poi bisognerà confrontare i dati con quelli degli altri vaccini, Pfizer, Moderna, perché qualche segnale simile, a dicembre, dagli Stati Uniti era arrivato. Ci saranno sempre più segnalazioni, ma bisognerebbe ragionare nella peggiore delle ipotesi, in modo che tutti possano avere ben chiare le statistiche. Chi non si vaccina - ammonisce Gilestro - ha fino a 100 mila volte in più la probabilità di finire intubato. Immaginiamo di essere di fronte a due porte: dietro la prima c'è il vaccino, dietro l'altra il virus. La scelta, tenendo conto della casistica, è questa, rischio la trombocitopenia a causa del Covid, o rischio lo stesso sintomo vaccinandomi, con la probabilità di complicanze dalle 10 mila alle 100 mila volte più basse? Certo, uno può anche scegliere di lasciarle chiuse entrambe, ma non siamo noi ad aprire al virus, è lui che ci viene a cercare”.

 

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