Donne consapevoli, Alberto Genovese nega le violenze sessuali
Alberto Genovese, l’imprenditore accusato di due stupri ai danni di modelle e in carcere dal 6 novembre scorso per violenza sessuale, sequestro di persona, droga e lesioni, ha risposto per circa un’ora alle domande del gip nell’interrogatorio di garanzia che si è svolto in streaming (lui si trova ancora a San Vittore).
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A differenza del primo interrogatorio, nel quale il 43enne aveva fatto dichiarazioni spontanee ma non risposto alle domande del giudice Tommaso Perna, in questa occasione ha deciso di dare alcune descrizioni dei fatti su sollecitazione del gip. Presenti all’interrogatorio anche i suoi legali, Luigi Isolabella e Davide Ferrari, così come per l’accusa la pm Rosaria Stagnaro. Il "mago delle start-up" non ha ammesso la seconda violenza sessuale contestata dalla Procura, che sarebbe avvenuta il 9 luglio a Ibiza, sostenendo che la modella 23enne che ha denunciato fosse consenziente. In quell’occasione, nella camera da letto di "Villa Lolita! c’era anche la fidanzata di lui.
Il ruolo della fidanzata sarebbe tuttavia da ridimensionare. La donna, che è stata descritta come "gelosa" dall’imprenditore, potrebbe essere a sua volta una vittima, costretta o abituata a condividere le sue abitudini sessuali promiscue. Non per l’accusa che comunque le contesta la violenza sessuale di gruppo, in concorso con
Genovese.
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La linea difensiva del "mago delle start-up", in questo secondo interrogatorio è stata dunque di rispondere al giudice descrivendo il mondo che ruotava attorno a lui: «Chi si drogava lo faceva consapevolmente, tutti facevano parte di quel mondo e a tutti andava bene». Soprattutto alle donne, invitate e "reclutate" da alcuni collaboratori, come il pr Alessandro Paghini. Alle feste - ha spiegato poi, secondo quanto appreso - c’erano due ambienti: uno dove si consumava droga, un altro dove ci si divertiva senza. Per questo - è il ragionamento - chi si drogava voleva farlo, e non era costretto. C’erano polveri, distribuite nei piatti, e bottiglie di sostanze psicotrope in forma liquida, contrassegnate con dei nastri. Chi le assumeva sapeva a cosa andava incontro.
La stessa 23enne di Ibiza, dunque, era consenziente sia nel drogarsi sia nell’accettare di avere un rapporto sessuale a tre con lui e la fidanzata. Alla fine è stata sì resa incosciente per l’abuso, ma poteva prevedere che avrebbe perso il controllo di sè. Secondo quanto emerge negli atti, la giovane si sarebbe svegliata solo molte ore dopo il rapporto consumato, macchiata di sangue e avrebbe rimproverato agli altri dell’entourage di non aver fatto nulla per aiutarla, pur avendola vista in condizioni «molto critiche», inerme come un "sacco di patate".
Insieme ad un’amica aveva poi deciso di allontanarsi da Villa Lolita e di affittare un altro appartamento: circostanza che l’ha resa più credibile agli occhi del giudice, a discapito delle altre due modelle giovanissime che avevano denunciato altri 6 episodi. Ma anche su questo Genovese si è difeso raccontando di una frequentazione che sarebbe in qualche modo continuata. L’imprenditore milionario, a seguito del primo arresto, si era difeso spiegando che la dipendenza dalla cocaina gli fa perdere il confine tra legalità e illegalità e parlando pure di un accordo con la prima vittima per un pagamento per quella notte. Quella volta a denunciarlo era stata la 18enne, prima a farsi avanti con le forze dell’ordine: seviziata per 20 ore, il suo stupro era stato accertato anche alla clinica Mangiagalli. Era infine scappata dalla "Terrazza Sentimento" perdendo anche una scarpa per strada pur di allontanarsi.
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