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Paese che vai, virus che trovi: la variante napoletana diventa un hashtag su Twitter

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Nel dizionario della pandemia la parola più in voga in questi giorni è "variante". C'è quella inglese, quella sudafricana fino ad arrivare alla brasiliana e all'ultimissima scoperta scozzese, una sorta di variante della variante inglese. Ma anche in Italia il virus è mutato e le sue nuove forme vengono studiate: sì, anche noi abbiamo la nostra variante, la napoletana. Basta dare uno sguardo alle tendenze italiane su Twitter: l'hashtag #variantenapoletana è ai primi posti.

«Non dobbiamo spaventarci, perché è un fenomeno naturale. Ma dobbiamo essere consapevoli, conoscere, sapere cosa sta succedendo e tutti dobbiamo dare un contributo» ha detto il rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito, sottolineando l’esigenza di non essere allarmisti dopo l’individuazione della variante B.1.525 del Covid a Napoli da parte di ricercatori dell’ateneo e dell’Istituto tumori Pascale. Lorito assicura poi che la Federico II sta monitorando anche la crescita dei contagi per farsi trovare pronta in caso di un’eventuale terza ondata: «Abbiamo avviato una chiara ma cauta ripresa delle attività che in realtà non si sono mai fermate del tutto. Finora abbiamo gestito bene la situazione, tanto da non riscontrare focolai. Seguiamo l’andamento della pandemia, finora la terza ondata non è confermata, ma se arrivasse abbiamo già i protocolli adeguati per affrontarla».

 

In realtà «la variante di Sars-CoV-2 identificata a Napoli è un mutante nuovo e al momento raro, che mostra alcune caratteristiche tipiche della variante inglese, ma che presenta due punti di mutazione molto critici: uno comune ai mutanti brasiliano e sudafricano, l’altro del tutto nuovo». Lo spiega in un’intervista all’Adnkronos Salute Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). Insomma è una variante di varie varianti...

 Quella individuata grazie a una collaborazione tra i laboratori dell’università Federico II e dell’Istituto Pascale di Napoli, «è una variante prevalentemente africana», più precisamente «nigeriana», sottolinea l’esperto, della quale sono già stati identificati oltre 30 casi nel Regno Unito e vari altri in diversi Paesi del mondo. «Si tratta di un’ulteriore variante, nuova rispetto a quelle su cui si è concentrata finora l’attenzione» delle autorità sanitarie, puntualizza Caruso, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università degli Studi di Brescia. Che però avverte come «anche la variante inglese», sempre più diffusa in Italia dove sta soppiantando il virus originario di Wuhan, stia «evolvendo molto velocemente, accumulando su di sé mutazioni tipiche di altre varianti». Mutanti del mutante, che «preoccupano» e che «vanno monitorati con una stretta sorveglianza» per il loro possibile impatto sull’efficacia di test, farmaci e vaccini.

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