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Coronavirus, rebus varianti. Il direttore dello Spallanzani Vaia spacca i virologi: "Lockdown totale in Italia non serve"

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Lockdown o zone rosse chirurgiche? Mentre i numeri della pandemia in Italia restano sostanzialmente stabili il dibattito continua a tenere banco. A fare paura è il tema delle varianti, a partire da quelle inglese la cui prevalenza sul territorio è stimata dall'Iss al 17.8%, che potrebbero secondo alcuni esperti nel giro di poche settimane far impennare nuovamente la curva dei contagi. "Io mi ritrovo il mio reparto invaso da nuove varianti, e questo riguarda tutta l'Italia. E ci fa facilmente prevedere che a breve avremo problemi più seri", dice il professor Massimo Galli, primario infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, accodandosi di fatto all'idea del lockdown generale proposta dal collega Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Sanità. L'invito è a guardare "un pochino al di là del nostro naso" anche perché non è possibile "fare una trattativa sindacale o politica con il virus. Segue le sue regole e modalità di diffusione". Di parere opposto invece Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell'Ospedale San Raffaele. "I lockdown servono solo a rinviare il problema - spiega a LaPresse - si può continuare con la politica dei colori e delle chiusure tempestive e mirate che si presta meglio alla particolare geografia italiana". A questo va affiancata una poderosa campagna vaccinale. "Quello che stiamo vedendo in Israele è emblematico" dichiara ancora.

Secondo il direttore sanitario dell'Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia il lockdown "non serve, occorrono misure chirurgiche". "A settembre - ha ricordato nello studio di RaiNews24 - la variante spagnola ha determinato un aumento dei contagi nelle fasce giovanili e il messaggio era ai ragazzi di fare attenzione perché potevano essere dei vettori per gli anziani". Quanto all'ipotesi di un nuovo lockdown totale, per Vaia "non si tratta di aggravare le misure" anti-Covid, "ma applicare con severità le misure che abbiamo. Un lockdown severo non serve, ma occorrono chiusure chirurgiche". 

 

 

 

 

Intanto per acquisire il maggior numero di informazioni possibili sulle varianti il ministro della Salute, Roberto Speranza, si è recato in Umbria, una delle zone maggiormente colpite, per una serie di incontri con i vertici della Regione e le autorità sanitarie per una verifica del quadro epidemiologico. "Qui le varianti hanno condizionato la curva del contagio prima che altrove. Capire quanto sta avvenendo è importante per valutare l'impatto delle necessarie misure assunte", la riflessione di Speranza dopo la visita.

E all'interno del mondo politico le polemiche non mancano. "Mi aspetto dalla comunità scientifica una proposta unica", dice il leader della Lega Matteo Salvini. "Gli scienziati parlino all'unisono e chiariscano qual è la situazione", gli fa eco il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Un problema non di poco conto per il neonato governo Draghi, eterogeneo e con al suo interno diverse anime da quella più prudente a quella maggiormente aperturista. Al momento pare che la linea della divisione dell'Italia in zone, magari con parametri più stringenti, possa essere confermata e preferita rispetto a quella paventata da alcuni scienziati del lockdown nazionale. Dopo il primo discorso in Aula del premier Mario Draghi si capirà qualcosa in più in merito alla strategia che il presidente del Consiglio, fino a ora molto parco nelle parole, intenderà adottare.

 

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