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Spaccio di farmaci anti-Covid illegali per cure fai da te. L'inchiesta dei Nas partita da Roma

Andrea Ossino
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Alle cinque del pomeriggio del 9 aprile scorso una Lancia Y viene fermata dalle parti di Porta Maggiore, a Roma. Nel portabagagli gli agenti del I Gruppo “Trevi” della Polizia Locale trovano 200 confezioni di un medicinale orientale non commercializzabile in Italia. L’autista, H.J., è un cittadino cinese di 37 anni. Un imprenditore con un’azienda in via Casilina che si occupa di “commercio all'ingrosso di vari prodotti di consumo non alimentare”. Una società che tra il 2017 e il 2018 ha ampliato il suo volume d’affari del 2.883,26%. Al momento del controllo H.J. è nervoso.

 

Nella sua giacca vengono ritrovate 3000 euro in contanti. L’indagato e gli inquirenti ancora non lo sanno. Ma quello è il preciso momento in cui nasce un’inchiesta che attraversa l’ambasciata Cinese della Capitale, prende in esame gli aiuti inviati da Pechino in Italia per contrastare il Covid e permette ai carabinieri del Nas di entrare nel mondo del commercio illegale dei medicinali che arrivano da tutto il mondo.

 

L’indagine 15294 del 2020 si focalizza inizialmente sul “Lianhua Quingwen Jionang”, lo stesso farmaco che il 37enne cinese “trasportava all’interno del proprio veicolo a scopo di commercio e distribuzione confezioni di farmaci privi della prescritta autorizzazione Aifa”, sostiene il sostituto Procuratore Antonella Nespola, titolare dell’inchiesta che in breve tempo è arrivata nelle mani dei carabinieri del Nas.
Gli specialisti che si occupano quotidianamente di tutela della salute lavorano a ritmo spedito. Assestano diversi sequestri. Inseguono i farmaci sospetti tra Roma, Firenze,  Prato, Napoli, Torino e Parma. Sottraggono al mercato oltre 121 mila medicinali che non possono essere venduti in Italia. Nel frattempo bloccano anche cittadini africani che sbarcano negli aeroporti italiani con valigie piene di farmaci e chiudono decine di siti web dove basta un clik per acquistare sostanze che possono essere nocive per la salute. Storie diverse che raccontano un unico fenomeno, alimentato dalla paura del virus che ha cambiato il mondo.

 

Un primo filone di indagine riguarda proprio i fatti ricostruiti dopo il fermo dell’imprenditore. Perché per giustificarsi il 37enne mostra un certificato rilasciato dall’Ambasciata cinese. E partendo da quell’atto gli inquirenti ricostruiscono una storia che inizia il 12 marzo scorso. Quella notte in Italia arriva un carico di aiuti umanitari dalla Cina. È il periodo caldo del Covid e il materiale viene affidato alla Croce Rossa e stipato in un magazzino, al Trullo. Ci sono mascherine, camici, termometri e altro materiale sanitario. Tutta merce preziosa che verrà distribuita negli ospedali. Ma in quel carico c’è anche altro. C’è il “Lianhua Quingwen Jionang”. Secondo la medicina tradizionale cinese è un farmaco efficace nel trattamento del Covid-19. In Italia però si tratta di un prodotto non commercializzabile. E anche se Yu Yanhong, responsabile del Partito dell'Amministrazione Nazionale della Medicina Tradizionale Cinese, ha spiegato che “la Cina è disposta a condividere le sue esperienze e metodi di trattamento efficaci", per utilizzare medicinali in Italia occorre che questi siano prima autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco.

Di fatto dunque è un medicinale illegale. Non è possibile venderlo.

Una parte degli aiuti arrivati il 12 marzo da Pechino quindi non è utilizzabile. Così la Croce Rossa, ricostruiscono gli inquirenti, ne restituisce una parte “all’Ambasciata che li ha destinati alla popolazione Cinese residente in Italia”.

Secondo alcuni esponenti delle associazioni cinesi di volontariato in Italia, il ragazzo fermato lo stava distribuendo gratuitamente e non può aver incassato denaro per “l’attività di volontariato svolta per conto dell’Ambasciata”.

La distribuzione del medicinale, secondo una prima ricostruzione, rientra nel piano di assistenza che l’Ambasciata cinese offre ai propri connazionali. Ma la Procura vuole vederci chiaro. Le domande sono parecchie. Una su tutte: perché l’uomo fermato il 9 aprile, oltre ai farmaci, custodiva 3000 euro in contanti?

Le indagini nel frattempo prendono strade diverse. Gli uomini del Nas passano a setaccio la Capitale. Seguono le tracce del medicinali, ne scoprono altri simili, tutti orientali e mai approvati dall’Aifa, come il “Ganmao Qingre Keli” o il “Zhongyao Peifang Keli”. Poi passano all’azione. E la seconda settimana dello scorso gennaio sequestrano 437 confezioni di farmaci cinesi, di cui 88 scatole di Lianhua Quingwen. Una confezione contiene 24 pillole e viene venduta a circa 20 euro.

Sono state commercializzate illegalmente in 4 negozi, dalle parti della “Chinatown” capitolina, in piazza Vittorio Emanuele II. L’inchiesta arriva fino a Prato e in altre città, da Napoli fino a Milano.

Non è possibile escludere che i farmaci commercializzati possano provenire dal carico di aiuti arrivati dalla Cina. Ma ancora le evidenze investigative non possono confermarlo. I Nas però sono sicuri che i canali con cui i medicinali illegali arrivano in Italia sono diversi. Trasportando piccole quantità i corrieri viaggiano principalmente tramite gli aeroporti di Fiumicino e Malpensa. E poi ci sono le comuni spedizioni che rendono il lavoro degli inquirenti molto difficile.

Nell’era del coronavirus l’attenzione verso la “medicina fai da te” è alta. E a farne le spese sono anche i trafficanti di farmaci che poco hanno a che fare con il Covid. Per loro la vita è più dura adesso. Il 4 febbraio scorso i carabinieri hanno sequestrato 23.500 capsule e 180 confezioni di flaconi che avrebbero fruttato circa 80 mila euro. Antibiotici, antipiretici e antinfiammatori trasportati da un corriere africano fermato all’aeroporto di Fiumicino. Nessuna autorizzazione, pochi e carenti foglietti illustrativi.

Proprio come accaduto lo scorso 26 gennaio, sempre all’aeroporto “Leonardo da Vinci”, dove sono stati sequestrati altri farmaci illegali: circa 6.840 capsule e 66 confezioni di flaconi, per un valore di circa 30 mila euro. Sono arrivati nel bagaglio di un cittadino africano, senza autorizzazioni e potenzialmente tossici.

È una lotta difficile quella che i Nas combattono per tutelare la salute degli italiani. Lo dimostrano gli 11 portali web sequestrati la scorsa settimana. Prodotti che necessitano di prescrizioni possono essere acquistati con un click. Antimalarici, clorochina, idrossiclorochina, gli antivirali lopinavir e ritonavir, il ribavirin: tutti medicinali che richiedono particolari autorizzazioni, o che sono ancora in fase di sperimentazioni o semplicemente illegali. 

Dalla Cina, dall’Africa o su Internet. Spacciati come cure anti Covid o meno. La sostanza non cambia: al pari della droga si tratta di sostanze che possono uccidere. 
 

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