beccati
Furti in casa col metodo "georgiano": arresti a tappeto
Associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione e riciclaggio della refurtiva, rapine in abitazione e immigrazione clandestina. La Polizia di Stato di Reggio Emilia, su delega della Procura della Repubblica, e con il supporto del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato (Sco) e del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia (Scip), ha eseguito, in Italia e in vari stati europei, 62 misure cautelari detentive (58 in carcere e 4 ai domiciliari) o corrispondenti mandati di arresto europeo, emessi dal gip del Tribunale Reggiano. L’operazione, denominata "Kanonieri Kurdi", avviata nel novembre e proseguita sino al 2018, ha coinvolto le forze di Polizia di numerosi nazioni ed è stata eseguita, contestualmente, in Belgio, Grecia, Polonia, Ungheria e Slovenia. L’operazione ha consentito di individuare due associazioni criminali che collaboravano tra loro. La prima, di matrice georgiana, composta da 55 appartenenti (di cui 53 destinatari di misura detentiva) è diretta promanazione dell’associazione a delinquere denominata "Ladri di legge" e in georgiano "Kanonieri Kurdi", espressione che ha dato il nome all’indagine. Il gruppo era dedito, in modo professionale e sistematico, alla commissione di furti in abitazione attraverso il «metodo georgiano».
Le indagini hanno evidenziato che l’attività predatoria era pressoché quotidiana: a Reggio Emilia si formavano delle cellule di 3-4 persone, pronte a commettere, in città o in trasferta, furti che talvolta sfociavano in rapina. Stupefacente l’intercambiabilità dei componenti e la loro straordinaria mobilità sul territorio nazionale e internazionale anche grazie alla disponibilità di documenti contraffatti. La seconda e autonoma associazione a delinquere, invece, di matrice ucraina, è complementare a quella georgiana ed era finalizzata alla ricettazione ed al riciclaggio dell’imponente refurtiva. Settimanalmente, infatti, attraverso corrieri, buona parte della refurtiva veniva inviata, da Reggio Emilia, in Ucraina. Il dato è stato rilevato in più circostanze che hanno permesso anche il sequestro di una parte della refurtiva. In questo caso, il gruppo criminale era composto da soggetti incensurati, titolari di rapporti lavorativi o di società di import-export a Reggio Emilia, città in cui sono radicati, e da un capo stabilmente domiciliato in Ucraina. Per quanto riguarda la prima associazione, la polizia di Reggio Emilia evidenzia che la criminalità di matrice georgiana è stabilmente e storicamente radicata in città, come emerso da una precedente attività investigativa che ha accertato la presenza di una cellula criminale della stessa matrice.
Reggio Emilia, nei dialoghi intercettati dei componenti della banda, è addirittura definita «la nostra patria» e, in questa città, già erano stati commessi da cittadini georgiani, oltre a delitti contro il patrimonio, gravissimi episodi di violenza. Nel 2012, a seguito dell’intervento per furto in un’abitazione, i poliziotti della volante furono aggrediti e a un agente venne sottratta la pistola di ordinanza che fu rivolta contro gli operatori ma, fortunatamente, grazie alla sicura inserita, non venne esploso alcun colpo. Stessa condotta, con medesime circostanze, venne posta in essere da un altro cittadino georgiano nel 2017. A Reggio Emilia è poi avvenuta - spiegano dalla Questura - come la presente indagine ha dimostrato, una riunione alla presenza di un elemento apicale della consorteria (eloquentemente definito "Ladrone") che ha attirato tanti membri, giunti in città per rendergli omaggio. A gennaio, a uno dei membri della prima associazione, era stata sequestrata della refurtiva relativa a furti in abitazione consumati a Reggio Calabria. C’è stato anche l’arresto in Slovenia, in flagranza di furto in abitazione, di un altro soggetto arrestato. Reggio Emilia rimane una delle basi del gruppo, dove risiedono gli associati «puliti»; il cui ruolo, all’interno dell’organizzazione, consisteva nel mettere a disposizione alloggi e autovetture per i raid e dove si reinvestiva parte dei proventi dell’attività criminale.