Prof, spazi e banchi. Ecco perché la scuola non deve riaprire ora
Ipotesi ritorno in classe dal 9 dicembre (per due settimane), ma la scuola italiana non è affatto pronta. La Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina non molla sulla didattica in presenza e ha convinto il premier Conte a tornare sui suoi passi. I problemi rimasti insoluti, però, non si contano per niente sul palmo della mano.
Dal nodo trasporti, con l’incognita conseguente dei turni scaglionati, seguito a ruota dalla questione dei tamponi veloci (prima della chiusura, le scuole erano di fatto già semiparalizzate dalla lentezza del sistema di tracciamento dei contatti e dalle quarantene di insegnanti e ragazzi) passando per i buchi in organico: sono, infatti, molte le scuole dove ad oggi mancano i docenti titolari della materia, che dovevano arrivare a settembre. In base alle rilevazioni della Cisl Scuola ne difettano centinaia dalla Capitale a Milano pure sul sostegno. Con il rischio dietro l’angolo di una possibile impennata sul fronte abbandono e dispersione scolastica.
Inoltre, gli oramai famigerati banchi monoposto della gara indetta dal Commissario Domenico Arcuri non ancora consegnati in diversi istituti dal Nord al Sud del Paese, in barba alle promesse legate alla deadline di fine ottobre.
Senza contare la diversificazione dell’orario scolastico, mai nei fatti decollata, e l’enigma del reperimento degli spazi ulteriori nelle strutture scolastiche per rispettare i distanziamenti previsti, con le proposte offerte dagli istituti paritari messe inspiegabilmente da parte. Mentre fa tremare l’esplosione dei contagi, numeri alla mano - come più volte ampiamente dimostrato da Il Tempo - fra la popolazione scolastica, quella da 0 a 19 anni.
«Le criticità che hanno portato alla chiusura sono tutte ancora irrisolte – stigmatizza Antonello Giannelli, a capo dell’Associazione Nazionale Presidi - trasporti pubblici e gestione dei tracciamenti sono nelle stesse condizioni di quando si è deciso di chiudere. Se si individua un sospetto Covid tra gli alunni si innesca un processo lentissimo che poi paralizza tutto».
«Il punto – prosegue Giannelli - è che la scuola si sta facendo a distanza perché sono mancate e mancano alcune condizioni: i trasporti non sono stati in grado di..., il sistema sanitario non è stato in grado di... e regole interne al sistema di istruzione non consentono di trovare supplenti nella misura in cui servono». Da qui la richiesta a Viale Trastevere di agire principalmente sugli organici, sugli arredi e i dispositivi di protezione, soprattutto in termini di uniformità dei protocolli organizzativi, sui rapporti con le Asl e sul tema trasporto pubblico locale, questioni fondamentali aperte su cui i presidi domandano soluzioni urgenti da un pezzo.
Del resto, il Ministro della Salute Speranza ieri ha messo le mani avanti: «È una priorità riaprire le scuole – ha spiegato – ma aspettiamo i dati di domani sulla curva epidemiologica, perché la situazione è molto seria». La viceministra dell’Istruzione Anna Ascani (Pd) si è smarcata da Conte: «La riapertura può avvenire non appena abbiamo un sistema che è in grado di reggere - ha sottolineato - perché non possiamo davvero permetterci di riaprire sotto la giusta spinta degli studenti e delle famiglie e poi però non riuscire a reggere».
Le Regioni sono divise, l’opposizione è scatenata. E Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, si chiede «che senso avrebbe aprire le classi se poi dobbiamo richiuderle per le quarantene».
Senza toccare il capitolo che investe il parere dei sanitari. Lapidario quello di Massimo Galli, primario dell’Ospedale Sacco di Milano e professore di malattie infettive all’Università Statale: «Abbiamo clamorosamente toppato – ha detto - il contenimento dell’infezione dopo il lockdown di marzo. Mi rendo conto che ci sono esigenze diverse come quella della scuola, importantissima, ma il riaprire troppo presto per richiudere sarebbe uno smacco ancora peggiore perché sarebbe costato qualcosa nel mezzo».
E ancora: «Al di là della buona volontà messa in campo da tutti coloro che ci hanno lavorato, ora non possiamo dire che ci siano garanzie sufficienti».
A frenare è persino il fisico Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana, secondo cui sembra proprio che la riapertura delle scuole abbia agito come un potente amplificatore del contagio, non necessariamente per difetti nell’organizzazione dell’attività all’interno dei plessi, per i quali si rendono di fatto prioritari interventi strutturali per garantire la sicurezza a 360 gradi.