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Vittorio Sgarbi, rissa nello staff per i social. Pugni e denunce, finisce male
Le uscite mediatiche di Vittorio Sgarbi provocano reazioni forti, qualche volta anche all'interno del suo staff. Fa discutere la presunta lite, con accuse di aggressioni e denunce per calunnia, tra il social media manager Giulio Borgognoni e il responsabile dell’ufficio stampa del critico d’arte, Nino Ippolito. I fatti sono avvenuti a casa di Sgarbi durante una riunione sulla comunicazione del parlamentare del gruppo misto.
"Sono stato interrogato da Vittorio Sgarbi più volte sulla validità della gestione dei suoi account social", ha raccontato Borgognoni all’Adnkronos. "Ed ho espresso così nella riunione a casa di Sgarbi il mio parere negativo. Considero, infatti, tale gestione scellerata e l’ho fatto presente a Vittorio di fronte a Nino Ippolito. Ma lui, dopo aver ascoltato la mia valutazione, prima mi ha aggredito verbalmente e poi mi ha chiesto di poterne parlare in privato". Cos'è successo a quattr'occhi? "Io ho acconsentito e ci siamo spostati sulla terrazza. Ippolito ha esordito dicendomi con rabbia Innanzitutto da te pretendo rispetto. A quel punto ho risposto con fermezza. Non mi interessa nessuna tua pretesa. Non so chi tu sia e non ti ritengo competente. È allora che Ippolito mi ha sferrato un violentissimo pugno sull’orecchio. Mentre chiamavo le forze dell’ordine Ippolito si è dileguato. Dopo l’arrivo della polizia del Commissariato Trevi, è arrivata anche l’ambulanza".
Sgarbi come detto non ha assistito ai fatti. "Escludo che il responsabile del mio Ufficio Stampa Nino Ippolito abbia potuto aggredire qualcuno, tanto meno a casa mia. Probabilmente l’alterco è nato dall’equivoco determinato dallo spirito provocatorio di Borgognoni che bisogna conoscere senza prenderlo sul serio", ha commentato inseguito. Faccenda chiusa? Neanche per sogno. Per il presunto aggressore, Ippolito, "quella di Borgognoni è una grave diffamazione: mi accusa di una cosa inventata, cioè un’aggressione mai avvenuta. Nell’attesa delle sue scuse, non mi resta che procedere per calunnia". Fumantino Sgarbi, i suoi colllaboratori non sono da meno.