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Mes, il grido d'allarme degli scienziati: ridotti in miseria, il governo lo usi per la ricerca scientifica

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«Spesso i governi hanno considerato la ricerca una spesa anziché un investimento per il futuro e, in condizioni di economia in crisi e di debito pubblico crescente, hanno continuato a operare tagli su cifre che erano già̀ molto basse se confrontate con gli investimenti degli altri Paesi europei». Da questo presupposto parte l’intervento realizzato da Silvio Garattini, in esclusiva per l’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia.

L’illustre scienziato ha fotografato la Ricerca in Italia, costatando una grave carenza di investimenti nel settore scientifico. Costringendo la maggior parte dei giovani ricercatori a fuggire dall’Italia.

«Così il nostro supporto pubblico e privato alla ricerca è rappresentato dal 1,3 percento del prodotto interno lordo (PIL) di cui la parte privata, cioè la spesa per ricerca industriale è circa la metà. La parte pubblica considera che la metà dei fondi per l’Università sia impiegata per ricerca mentre non è nemmeno sufficiente per il normale funzionamento».

Non siamo fanalino di coda, per quanto riguarda la parte privata per la Ricerca in Europa, solo grazie al Portogallo che fa peggio di noi. Ma la situazione è insostenibile. Bandi di concorso imprevedibili, perché non ci sono tutti gli anni, tempi per la valutazione biblici e pagamenti che non permettono una programmazione da parte degli enti di ricerca.

«Il problema è poi complicato dalla burocrazia: basti pensare alla difficoltà di realizzare la sperimentazione animale dati i lunghi percorsi e tempi incompatibili per qualsiasi collaborazione internazionale. La “miseria” della nostra ricerca si ripercuote sulla carenza di brevetti e sul numero di start-up rispetto alla scena internazionale. Il quadro negativo potrebbe continuare, ma vogliamo invece augurarci che la tragedia del Covid-19 ci aiuti a ripartire prestando maggior attenzione anche alla ricerca scientifica. ».

Garattini propone le sue soluzioni per migliorare la Ricerca in Italia. Per cui sicuramente c’è bisogno di più risorse, ma per iniziare sarebbe già una buona cosa raccogliere quei fondi che ci sono già.

«Anzitutto raccogliere i fondi di ricerca, dispersi fra i vari Ministeri collocandoli in una Agenzia Italiana per la Ricerca Scientifica (AIRS). L’AIRS dovrebbe amministrare i bandi di concorso con regolarità e prevedibilità. I bandi dovrebbero essere orientati prevalentemente non a singoli ricercatori, ma a gruppi multidisciplinari di ricercatori riconoscendo che i problemi si risolvono solo attraverso il lavoro collaborativo di “masse critiche”».

La soluzione potrebbe provenire da uno strumento tanto discusso e bistrattato in Italia: «La politica deve decidere se vuole far camminare il Paese oppure se vuole rinunciare alla conoscenza scientifica che si traduce nel tempo in innovazione ed in prodotti originali ad alto valore aggiunto. I 37 miliardi

di euro messi a disposizione dall’Europa per la sanità, potrebbero rappresentare una straordinaria occasione per rafforzare in particolare la ricerca che serve al Servizio Sanitario Nazionale per continuare a essere efficace e sostenibile».

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