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Emergenza Covid, dico no allo smartworking. Gianluigi Paragone: perché rinchiude l'uomo in gabbia
Una casa di gestione londinese Schroders ha rotto il ghiaccio: i dipendenti lavoreranno per sempre in modalità smart working; fine delle trasmissioni. Prima del Covid, questo approccio lavorativo era una opzione usata per consentire la combinazione tra scelte di vita precise e orario di lavoro concordato: era per lo più la scelta di madri o padri che volevano armonizzare famiglie e mansioni lavorative. Era insomma uno strumento a favore del lavoratore (diciamo da un certo inquadramento in su). Con il Covid, il bilanciamento degli interessi si è spostato senza capirne la portata.
Ma partiamo dall’annuncio della Schoders Bank: tutti in remoto, gli uffici chiudono baracca e burattini, zero traffico per andare in ufficio (così anche il fanatismo green è sistemato). Nel mondo bancario questo passo è un ulteriore pezzo di un disegno finalizzato ad abbattere i costi fissi, iniziato con l’esaltazione a favore del cliente del modello home banking: niente uffici, niente sportelli, niente file, niente pezzi intermedi... Insomma, il cliente al centro. Certo, questo negli spot. Poi nella realtà, quando hai un problema col conto corrente ecco che il mondo virtuale ti presenta il “suo” conto: i codici che si dimenticano o che si sbagliano (e per riaverli diventi pazzo); operatori virtuali che diventano fantasmi; carte di credito che si smagnetizzano e tu non sai come uscirne perché per la legge di Murphy la connessione non ti aiuta; operazioni che non ti tornano ma che ti contestano di aver autorizzato attraverso un clic o una mail...
Insomma l’home banking è un inferno: a loro i vantaggi dell’abbattimento di personale e di costi fissi e a te l’illusione di essere al centro di un modello bancario dove conti meno del tuo conto (che infatti è sempre più loro).
Lo smart working fa parte dello stesso filone, ne è il pezzo avanzato, è la ristrutturazione aziendale 4.0: a te l’illusoria garanzia di una vita migliore, il lavoro da casa, la liberazione dal traffico; a loro un maggiore controllo del personale (da remoto sei sempre on line), la liberazione degli spazi fisici e pure delle contestazioni sindacali o lavorative. E magari un bel giro di prepensionamenti così da alleggerirsi per superare la fase di crisi. La finanza è liquida, quindi cosa c’è di meglio che un lavoro che diventa sempre più liquido? Che pacchia questa modernità!
Varrà non solo per le banche d’investimento, sia chiaro; il lavaggio del cervello finalizzato a divulgare il mito del lavoro da remoto come una conquista del proprio tempo è già partito e contagerà ogni settore, si infilerà come un coltello nel burro squagliato dalla crisi. Banche d’affari e banche commerciali, uffici della Pubblica amministrazione (e diciamo pure che le prove generali di questi mesi sono state pessime), studi professionali, insomma ogni ambiente lavorativo può superare la fisicità degli uffici con la funzione smart working. Persino sulla sanità ho sentito parlare di modello di lavoro digitale: il Mes light infatti dovrebbe finanziare investimenti min tal senso, sempre a beneficio del cittadino che così non deve più sopportare le code (ciao core).
L’elogio dello smart working ovviamente si innerva nel potenziamento della digitalizzazione, quindi anche della tecnologia 5G, autostrada ad alta velocità della società virtuale (che il governo vorrebbe affidare ai cinesi). Ma qualcuno sta pensando a quale società andremo incontro? Sicuri che ve la stiano raccontando per quello che realmente è?
E ancora, veramente volete smontare l’intelaiatura fisica, reale, che sorregge il nostro mondo circostante? Smontare gli uffici significa smontare un pezzo di commercio che si regge nella circolazione delle persone, dai ristoranti ai bar passando per i negozi. Significa rompere dinamiche lavorative di confronto e magari anche di scontro o di sfida. Tenere le persone in casa significa costruire una narrazione dove puoi fare tutto nella tua gabbietta domestica: lavorare, comprare, fare attività sportiva, copulare, cucinare a meno che tu non voglia che una nuova servitù della gleba ti consegni ciò che più ti aggrada.
Ogni metro che regaliamo al virtuale è una luce delle nostre città che si spegne, è una sottrazione di un respiro che ci ha reso diversi ed eccellenti. Il modello che ci stanno rifilando è un altro tassello della standardizzazione. A me, questo modello, non solo fa paura ma lo respingerò. A costo di essere definito un nuovo luddista (e non lo sono per niente: diciamo che non voglio essere fregato dalla pseudo modernità in mano a i nuovi poteri forti). Difendo gli uffici. E pure le sue rotture dì palle.