le verità nascoste
La vedova Tortora: "La strage di Bologna? Non credo furono i Nar"
A quarant'anni dalla strage di Bologna la verità giudiziaria sull'attentato che sconvolse l'Italia continua a far discutere. «Ci sono dubbi enormi sulla colpevolezza di Mambro e Fioravanti, dubbi che oggi sono aumentati. Ormai questo è il Paese delle grandi inchieste e dei grandi colpevoli, ma poi dei grandi misteri. Conosco i progressi delle indagini, e non mi pare che portino alla verità suffragata dai processi». A dirlo all’AdnKronos è Francesca Scopelliti, moglie di Enzo Tortora, che da anni conduce battaglie garantiste insieme ai radicali.
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«Conosco Mambro e Fioravanti da anni - spiega -, sono delle persone che si sono fatte carico delle loro responsabilità, hanno dichiarato le loro colpe, e allora rispetto a delle dichiarazioni così schiette, non capisco perché tirarsi indietro su una responsabilità che è grave quanto le altre». Scopelliti aggiunge: «Rimane inalterato il profondo dolore per le vittime, l’indignazione per chi ha commesso quel gesto, ma dichiarare delle perplessità su un’accusa di colpevolezza, non significa cancellare il reato o cancellare la colpa o la gravità del fatto. Anzi, credo ci si indigni ancora di più. E a me pare ci siano ancora oggi delle ombre, delle incertezze su quella che si ritiene essere la verità».
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Quanto all’ipotesi di un processo di revisione che possa rivedere la colpevolezza degli ex Nar, Scopelliti osserva: «Perché no? Se si vuol fare verità bisogna anche avere il coraggio di dire ricominciamo. Perché queste grandi inchieste, quando si fanno sull’onda emozionale, inevitabilmente possono far deviare quella che è la giusta soluzione. Quindi, ripeto, perché no? Mi farebbe molto piacere per Francesca e Valerio. Renderebbe giustizia alla loro storia, alla loro vita, alla loro famiglia». «L’Italia ormai sta dimostrando di essere un Paese in cui se non arriva alla verità, fa spallucce e dice che non importa, e tenta di buttare sempre lo sporco sotto il tappeto. A proposito della discussione sulla istituzione della giornata in memoria delle vittime della giustizia e degli errori giudiziari, da tenersi il 17 giugno, giorno dell’anniversario dell’arresto di Enzo, qualcuno ha detto che questo significa delegittimare i magistrati e svilire il loro lavoro. Ma se commettono errori, non significa delegittimarli, si sono già delegittimati da soli».
Poi aggiunge: «Ormai siamo di fronte a una cultura in cui l’importante è mandare in galera qualcuno, cercare non "il" colpevole ma "un" colpevole. E questo purtroppo è un atteggiamento che sta accompagnando il nostro Paese da troppo tempo, e ho l’impressione che peggiori sempre di più, che ci sia una società sempre più rancorosa e quindi forcaiola e giustizialista, godiamo nel vedere salire una persona sul patibolo e non di fronte una sentenza di assoluzione o di un proscioglimento. Non è una buona società quella che lasciamo ai nostri figli e nipoti». «Chi ha vissuto una vicenda di malagiustizia come quella di Enzo non può far finta di niente. Quando la gente mi fa i complimenti per le battaglie che porto avanti, io penso, e sono sicura, che chiunque al mio posto avesse ereditato questa storia e la ricchezza culturale che ho ricevuto da Enzo, avrebbe fatto ciò che faccio io. Mi dispiace solo - conclude - che ancora una volta Tortora venga messo da parte e che gli altri non imbocchino la strada che lui ha indicato».