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Stato d'emergenza, siamo gli unici in Europa. O sono tutti matti o non serve

Marco Gorra
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Delle due l’una: o l’universo mondo è integralmente popolato da cretini e per qualche caso fortunato gli unici svegli sono gli italiani, oppure qui c’è qualcosa che non torna.

Perché la decisione di prorogare al 15 ottobre lo stato di emergenza, esposta ieri dal presidente del Consiglio ed in procinto di essere adottata dal governo, arriva in totale e stridente controtendenza rispetto al resto del globo. In altre parole: a restare abbarbicati allo stato di emergenza manco fosse  la famosa coperta di Linus siamo solo noi italiani. Da cui il citato dilemma: siamo gli unici intelligenti o forse è il contrario?

 

Andiamo con ordine. Al momento, l’Italia è l’unico Paese membro ad avere ancora in vigore lo stato d’emergenza. Dove era stato adottato, è terminato da tempo. In Belgio lo aveva istituito il 23 marzo, ha rinnovato la misura alla prima scadenza, giunta il 19 aprile prorogando fino al 12 giugno, data in cui si è deciso di non insistere. La Bulgaria lo aveva proclamato un giorno prima dei belgi, il 22 marzo, e lo ha lasciato cadere il 13 maggio dopo averlo allungato di un mese alla scadenza originaria del 13 aprile. La stessa Spagna - che pure quanto a focolai e contagi sta avendo i suoi problemi - ha smesso di prorogare lo stato d’emergenza proclamato il 14 marzo e confermato per sei volte fino allo scorso 21 giugno. La Francia  ha prorogato dal 22 marzo fino al 10 luglio quando, nonostante alcune perplessità del locale comitato tecnico-scientifico, il presidente Emmanuel Macron ha detto basta.

 

In Finlandia non l’hanno fatto durare neanche un mese: istituito il 17 marzo, è andato a scadenza il 13 aprile e non è stato allungato. Il Lussemburgo ha annunciato lo stato di emergenza il 19 marzo, lo ha votato all’unanimità il 21 e lo ha placidamente lasciato scadere il 21 giugno. Un mesetto scarso anche per la Lituania: dal 14 marzo al 13 aprile, nessuna proroga. Per concludere: Cipro è uscito dallo stato di emergenza il 30 aprile, l’Estonia il primo maggio, la Romania sta aspettando la scadenza dell’ultima proroga prevista per il 15 agosto, la Lettonia ha concluso il 14 aprile, il Portogallo ha prorogato di un mese la scadenza originaria del 5 aprile e poi ha detto basta, la Repubblica Ceca ha portato lo stato d’emergenza fino al 17 maggio e non oltre, la Slovacchia ha finito il 13 giugno. Quanto agli altri Paesi, lo stato d’emergenza l’hanno visto solo nei servizi dall’estero dei telegiornali: Austria, Croazia, Danimarca, Germania, Grecia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia e Svezia non hanno trascorso nemmeno un giorno in regime eccezionale. Il che non significa che i rispettivi governi non abbiano avuto strumenti per combattere l’epidemia: anzi, ce n’è più d’uno che all’esecutivo di Roma potrebbe dare più di un’utile lezione in materia.

Resta da dire di un Paese solo. L’unico oltre all’Italia dove lo stato di emergenza è ancora in vigore. È l’Ungheria di Viktor Orban, dove lo stato d’emergenza non solo c’è ma è anche di durata indefinita, essendo compresa nel controverso pacchetto pieni poteri fatto approvare dal premier. Se il modello è quello, basta dirlo.

 

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