scandalo piacenza

Così i carabinieri hanno scoperto di essere spiati. "Montella diceva che aveva tutti sotto"

Mentre i carabinieri della caserma Levante di Piacenza sfilano davanti al Gup per i primi interriogatori emergono nuovi dettagli sulle gravi accuse ai militari. Che riguardano soprattutto l'appuntato Peppe Montella, leader del gruppo. L'"inizio della fine", ovvero il momento in cui si è accorto dell'indagine in corso, è scattato quando Matteo Giardino, carrozziere, ha trovato una microspia nei condotti dell'aria condizionata. 

 

Montella quando lo ha saputo "era bianco pallido e non respirava più", confessa Giardino alla fidanzata del carabiniere. Secondo quanto riporta Repubblica, Montella non credeva di essere al centro di un indagine ma pensava che le cimici fossero per il fratello di Giardino, Daniele, che avrebbe gestito il traffico di droga. "Lo ammazzo"; diceva a Matteo. Nei giorni seguenti  il carabiniere avrebbe fatto bonificare dalle microspie le sue numerose auto. Le numerose cimici rinvenute hanno chiarito tutto: era lui il centro dell'indagine. 

Prima dell'interrogatorio di Montella ha parlato con il gup Giacomo Falanga, uno dei sei militari arrestati mercoledì nel contesto dell’indagine che ha portato al sequestro della caserma di Piacenza Levante. Ha detto che lo spacciatore di origini nigeriane ritratto insanguinato dopo l’arresto "non è stato picchiato, è caduto per terra durante l’inseguimento", mentre la foto ormai celebre che ritrae alcuni dei carabinieri arrestati nell’ambito dell’inchiesta della procura di Piacenza mentre sfoggiano mazzette di banconote "iguarda una vincita al ’gratta e vinci' fatta in un bar e non ha nessuna attinenza con le indagini". Lo dice uscendo dal carcere di Piacenza dopo l’interrogatorio di garanzia Daniele Mancini, il difensore dell’appuntato . Falanga "ha risposto alle domande del gip e del pm, si è professato estraneo a ogni violenza e spaccio, ha un tenore di vita normalissimo e non c’è alcun indizio che faccia pensare che fosse dedito ad attività illecite collegate alla droga", prosegue il legale, aggiungendo che il suo assistito «ha partecipato a diverse operazioni» organizzate dal principale indagato Montella "perché i carabinieri della stazione erano pochi".  In merito al pestaggio dello spacciatore, l’avvocato ha detto ancora che Falanga "ha negato questo addebito, non risulta che questa persona sia stata massacrata, sembra che sia stata una ’spacconata' di Montella che ha rilasciato queste dichiarazioni".

 

"Io principalmente parlavo con Montella, il quale mi diceva che comunque tutti gli altri carabinieri della stazione erano ’sotto la sua cappella', compreso il comandante Orlando". Parlava così il 26enne marocchino dalle cui parole è partita l’inchiesta della procura di Piacenza che vede ora indagati dieci carabinieri e che ha portato al sequestro della caserma Levante. Le registrazioni audio delle dichiarazioni del 26enne - già in passato arrestato per spaccio e diventato nel frattempo informatore dell’appuntato Giuseppe Montella, principale indagato della vicenda - erano infatti state fatte ascoltare in procura dal maggiore dei carabinieri Rocco Papaleo, oggi comandante della Compagnia di Cremona e all’epoca alla guida del Nucleo investigativo di Piacenza, convocato in quell’occasione per un’altra indagine, e che ha così dato il via all’inchiesta.