dopo le rivolte
In carcere non comandino i detenuti
In carcere la divisa la indossano gli agenti e non i detenuti. E bisogna ristabilire la catena di comando. Finalmente c’è una proposta di legge, presentata dal gruppo di Fratelli d’Italia con le prima firme di Andrea Delmastro e il capogruppo Francesco Lollobrigida, che punta a rispettare il lavoro della polizia penitenziaria. Se approvata, ci sarà una duplicazione dell’attuale dipartimento: uno si occuperà dei detenuti, l’altro degli agenti. E sarà istituito il garante per gli agenti della penitenziaria. Che lavorerà gratuitamente.
In pratica, Fdi non intende far passare sotto silenzio – «fino alla prossima», dice Delmastro – l’eco delle rivolte del marzo scorso. Gli agenti intervenuti per sedare le cosiddette 22 rivolte anti-Covid hanno dovuto persino subire, in molti casi, la beffa dell’indagine a loro carico con il reato di tortura.
Questo nonostante l’evidente regia dall’esterno delle cosche mafiose; gli ordini trasmessi attraverso telefoni cellulari introdotti illegalmente nelle carceri; l’obiettivo era quello di costringere Governo e Parlamento a preparare il terreno per il varo di provvedimenti di amnistia e indulto. Mentre si scarceravano a valanga centinaia di boss della criminalità organizzata.
Dodici morti; 77 evasi; venti milioni di euro per danni alle strutture carcerarie. Questo fu il bilancio di quei terribili giorni dal 7 al 9 marzo, che non chiamò alla responsabilità le forze di maggioranza di fronte agli indici puntati contro gli agenti della penitenziaria. Centinaia di rivoltosi presero di petto la polizia, ancora ricordiamo l’audio di una donna del Corpo circondata e disperata, l’utilizzo dell’energia elettrica contro un altro agente e un medico sequestrato in una stanza tra gli episodi più efferati.
In buona sostanza, ci si è preoccupati più di chi metteva a soqquadro le carceri italiane che non della tranquillità e sicurezza degli operatori in divisa. Il che non è una novità, purtroppo.
Nella proposta di legge di Fratelli d’Italia si modificano le responsabilità che ora fanno capo al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, quel Dap salito all’attenzione della pubblica opinione per le polemiche mai chiarite sul ministro Alfonso Bonafede e il magistrato Nino Di Matteo, ora membro del Csm. Si prevede l’istituzione di due dipartimenti, uno legato alle attività di ufficio per quel che riguarda la popolazione carceraria e il secondo destinato ad occuparsi degli agenti. Particolare cura viene proposta anche per la formazione, l’aggiornamento e la specializzazione del personale in questione. Del resto, dovrebbe essere prioritaria la cura dei propri dipendenti, come avviene per i Carabinieri e per la Polizia di stato. Poi, certo, anche i detenuti. Ma prima chi li deve sorvegliare.
Infine, le due novità. L’istituzione del garante degli agenti della penitenziaria, con compiti prevalenti di vigilanza delle condizioni di lavoro, di visita e ispezione delle strutture dove operano, la presa visione degli atti che li riguardano. E, ancora, la previsione di un fondo di dotazione per le spese legali. Se non lo Stato, chi ci deve pensare sennò?