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L'affare immobiliare dei Benetton a Roma. Conte, Tria, 5Stelle, leghisti... chi ha dormito?

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Domenico Alcamo
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A dicembre 2018 il trauma collettivo per il crollo del Ponte Morandi era ancora fortissimo, così come l’ondata di strali che, allora, si erano abbattuti su Altantia e la famiglia Benetton, per quanto riguarda la gestione di Autostrade. Il governo in carica era quello formato dal M5S-Lega, e seppur a varie intensità, molto più forti da parte dei grillini, la posizione di sdegno verso Atlantia-Benetton era alquanto netta. L’operazione immobiliare di cui oggi racconta nei dettagli Il Tempo, e che riguarda il pregiato edificio di piazza Augusto Imperatore a Roma, fu del tutto legittima e regolare, certamente, ma sul piano politico salta all'occhio, e non poco, che nel Governo Conte 1, costruito sull’architrave dell’accordo tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, non fosse montato un dibattito in proposito.

 

Sì, perché i Benetton, e questo riguarda per lo più la narrazione del Movimento 5 Stelle, erano raffigurati come una sorta di nemico pubblico numero uno. Va ricordato che il Fondo Immobili Pubblici è una iniziativa promossa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Dove allora sedeva Giovanni Tria, tecnico. Come viceministri poi troviamo sul lato Lega Massimo Garavaglia e Massimo Bitonci, sul versante pentastellato invece Laura Castelli e Alessio Villarosa. Così come ministro per il Sud era Barbara Lezzi, mai timida nel rivendicare le battaglie storiche del Movimento. Ai trasporti, è quasi ovvio ricordarlo, c’era Danilo Toninelli. A Palazzo Chigi, nelle vesti di sottosegretario con delega all’editoria, c’era Vito Crimi, l’attuale capo politico. Appena ieri ha tuonato ricordando che la posizione del Movimento su Autostrade è sempre stata integerrima anche due anni fa, punzecchiando gli alleati del Conte 1 «che adesso fanno la voce grossa ma che allora frenavano cosi come a frenare ci sono alleati di oggi».

 

Peccato che però anche da parte sua nessuna levata di scudi. Così come non si udirono strepiti da parte di Stefano Buffagni, oggi da vice ministro al Mise ha addirittura lanciato una sorta di «aut aut» subordinando alla revoca delle concessioni la sopravvivenza del governo. A quel tempo, però, quando era sottosegretario agli affari regionali nessuna trincea sull’operazione di Piazza Augusto imperatore. Nulla neanche dal vicepremier e leader della Lega Salvini Così come non si fecero barricate dall’allora «filiera» del Mise, che vedeva a capo l’allora vicepremier e leader pentastellato Luigi Di Maio e a scendere il viceministro leghista Dario Galli, i grillini Andrea Cioffi e Davide Crippa e l’indipendente Geraci. 
Certo, abbiamo associato figure con incarichi governativi riferibili al dossier ad altre con mansioni, al contrario, del tutto estranee. Ma com’è noto nelle questioni fondamentali, se si tratta di esternare, a certi confini oramai non si fa più tanto caso. Ed è per questo che il silenzio generalizzato appare ancora più sorprendente. 

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