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Omicidio Vannini, il figlio di Ciotoli: papà disse che era uno scherzo

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"Pensavo fosse uno scherzo". Federico, figlio di Antonio Ciontoli che è stato accusato d'aver sparato a Marco Vannini, spiega così davanti ai giudici del processo di Appello Bis, il perché non furono chiamati subito i soccorsi che forse avrebbero salvato la vita al ventenne. 

«La prima cosa che mi è interessata quella sera e che qualcuno che sapesse cosa fare potesse intervenire visto che, anche se mio padre diceva di poterci pensare lui, a me dopo un po' non sembrò così. Mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo, e io gli credetti perché non c’era nessuna ragione per non farlo», ha detto in una dichiarazione spontanea Federico, nel corso del nuovo processo per l’omicidio di Marco Vannini disposto dopo la sentenza della Cassazione del 7 febbraio scorso. «Non c’era niente che mi spinse a non credere in quello che mio padre chiamò "colpo d’aria", del cui significato non mi interessai più di tanto essendo stato solo uno scherzo. In più, gli credetti perché mio padre si comportava proprio come se stesse gestendo uno spavento, ossia alzando le gambe e rassicurando. Il tipo di scherzo che aveva causato lo spavento, in quel momento non era una preoccupazione per me», ha aggiunto.

Dopo che la telefonata al 118 venne interrotta «Marco» Vannini «ebbe un momento in cui sembrò riprendere le forze», è la versione di Federico che ha sostenuto che il miglioramento del 20enne lo convinse che la situazione non era cosi grave è che probabilmente dipendeva davvero da uno spavento. Federico ha raccontato però che la situazione dopo «peggiorò di nuovo e Marco cominciò a lamentarsi di più. Continuai a insistere - ha spiegato - per chiamare i soccorsi». iontoli ha riferito di aver quindi dubitato che si potesse trattare di uno spavento e di essersi quindi spostato in bagno «dove ho trovato le pistole. Fu lì che dopo un po' trovai il bossolo», ha sottolineato. Il ragazzo quindi a quel punto riferisce di aver detto al padre del ritrovamento, nella convinzione «che anche lui fino a quel momento non ne fosse stato consapevole» e che solo allora il padre, Antonio Ciontoli, si è convinto a chiamare i soccorsi e quindi il figlio Federico è sceso in strada «per aspettare l’ambulanza». «Non si può tornare indietro nel tempo», ha chiosato Federico Ciotoli sostenendo che si sarebbe comportato diversamente se la vicenda fosse stata chiara, se avesse saputo che Marco non era vittima di uno spavento ma di un colpo di pistola «perchè ora tutti sappiamo che mio padre aveva sparato e che il proiettile aveva danneggiato organi vitali».

«Sono qui non per paura di essere condannato, ma perché la verità è quello che ho sempre raccontato. Per anni sono sceso per strada con la certezza che qualche giornalista mi sbarrasse la strada, mi pedinasse o bloccasse la portiera dell’auto per non farmi partire e forzatamente cercasse di estorcere un’intervista, come ormai avveniva abitualmente», ha detto ancora Federico. «Ma questo non era niente - ha aggiunto- rispetto al fatto che per tre interminabili anni sono uscito ogni giorno da casa per andare a lavorare e ho camminato perseguitato dall’immagine di qualcuno che potesse venire e spararmi alla testa spinto da quello che si diceva su di me in televisione». «Non che questo non possa avvenire oggi, o che io non lo pensi più oggi, ma oggi ho paura, ho più paura perché ho raggiunto una certezza che rimarrebbe anche se io non esistessi più. Anche se quello che veniamo a sapere, che vediamo, che sentiamo spesso non è la verità, ma una costruzione di fronte alla verità ogni costruzione crolla», ha concluso.

Quella di Federico Ciontoli in aula «è stata una dichiarazione vergognosa, nemmeno una parola per Marco». Così Marina Conte, la mamma di Marco Vannini. Suo figlio, ventenne, fu ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano. «Ancora - ha sottolineato la donna - non riescono a capire che è morto un ragazzo di 20 anni. Continuano a girare il coltello nella ferita».

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