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Riapertura scuola, ritardi su ogni richiesta. Mario Rusconi: così non si riparte a settembre

Valentina Conti
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“Stiamo aspettando le linee guida del Ministero dell’Istruzione per la riapertura a settembre, virus permettendo. Il Comitato tecnico scientifico ha fornito degli orientamenti generali per ora, il MI ha promesso a breve indicazioni praticabili. Le spiego: dire che se la scuola non ha spazi per il distanziamento si può fare lezione all’aperto è generico. Bisogna andare poi nel particolare. Si fa riferimento a un questionario da mandare alle scuole in cui i presidi dovranno rendere note le difficoltà per l’attuazione delle linee guida. Ma quali sono? Di quanto deve essere il distanziamento nei vari luoghi? Si dovranno mettere cortine di plastica per separare? Sono intercorse troppe ipotesi…”. Parte da quella che definisce una “premessa fondamentale” Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, affrontando il “nodo scuola” e il dibattito in corso nelle sale blindate di Villa Pamphilij. “Mancano le specifiche tecniche”, afferma.

Rusconi, fosse lei nel governo da cosa inizierebbe?
“Da una ricognizione degli edifici scolastici. Ce la saremmo aspettata tempo fa, ora abbiamo l’estate per intervenire. Ma la dovrebbero avere i proprietari degli edifici scolastici: comuni per elementari e medie e ex province per le superiori. Da tantissimo tempo, a Roma, abbiamo chiesto ai vari sindaci ed enti locali una mappatura degli edifici pubblici per capire anche quali fossero le indicazioni sanitarie applicabili e quali no già prima del Covid-19, ma non abbiamo mai avuto risposta da nessuno. A seguire una ricognizione degli spazi”.

Si spieghi.
“Se, ad esempio, ci si rende conto che per ipotesi il 25% delle scuole non riesce a mantenere le indicazioni (puntuali), servirebbe sapere tutti i nomi dei parchi a disposizione, degli altri locali disponibili, caserme dismesse etc. Non è che i dirigenti scolastici possono andare alla ricerca dei cinema da trasformare in aule”.

Un elenco di strutture esterne alle scuole candidate a poter essere locali alternativi alle aule?
“Esattamente. Non solo. Se non sarà possibile fare la lezione da 60 minuti, bisognerà dire, numeri alla mano, come potrebbero essere utilizzati i restanti minuti sul taglio, con suggerimenti circostanziati”.

Chiariamo: se una lezione si riduce a 40 minuti per via dell’emergenza, va recuperato il residuo. Dice questo?
“Che è pari a 20 minuti per 18 ore da 60 minuti tradizionali nelle secondarie (22 alle elementari). Quindi serve conoscere come potranno essere utilizzate le unità didattiche”.

Perché si è arrivati così tardi a fare questi discorsi?
“L’emergenza ci ha preso alla sprovvista e tutti i nodi con l’epidemia sono venuti al pettine. L’abbiamo visto specialmente sul digitale. Sono riemersi con più evidenza i mali antichi, dagli edifici scolastici inadeguati in poi”.

Ipotesi uno: riapertura a settembre il 14 (come il Ministero ha proposto alla Regioni).
“Sì, ma non solo prima del 14 andrà fatto il recupero dei ragazzi ammessi alla classe successiva con insufficienze, come ha annunciato il MI. I locali si dovranno aprire prima anche per insegnare agli allievi come si mettono in pratica le misure di sicurezza: orari scaglionati, corridoi a doppio senso, banchi distanziati, mensa distanziata… Un’esercitazione anti-Covid, tipo quelle per l’antincendio. Perché per ora i ragazzi l’hanno solo capito in teoria, leggendo i giornali o vedendo i tg”.

Ipotesi due: se non si dovesse riaprire a settembre?
“Si dovrà continuare la DaD (Didattica a Distanza), ma dovremo far in modo che vengano assicurate due cose”.

Quali?
“Sul versante studenti: che tutti abbiano un device in casa e una connessione. Sul versante scuola: che i docenti che si sono sottratti alla Dad in periodo di emergenza abbiano l’obbligo come fossero in classe”.

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