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Saviano attacca, ginecologi in rivolta: è guerra dell'aborto in Umbria

Vietata la pillola abortiva in day hospital, la governatrice Tesei si difende: "Applico la legge"

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Esplode la guerra dell'aborto in Umbria. Dopo la decisione della Giunta regionale a guida leghista di vietare la somministrazione della pillola abortiva in day hospital - e quindi, di fatto, rendendo obbligatorio il ricovero - scatta la protesta dei ginecologi.

«La Lega ha portato avanti una campagna di terrore: le complicanze dell’ aborto farmacologico sono pressoché inesistenti. Dal 2005 in Francia è il medico di famiglia che vede la donna e le consegna le pasticche necessarie per l’interruzione volontaria di gravidanza in un’unica volta. Dopo 15 anni, se ci fossero stati problemi, lo avremmo saputo».

A dirlo all’Adnkronos Salute Silvana Agatone, presidente della Libera associazione italiana ginecologi (Laiga) per l’applicazione della legge 194/78 sull’ aborto, «In un momento in cui gli Stati più avanzati dal punto di vista scientifico, sotto emergenza Covid-19, stanno facilitando le Ivg - prosegue - non capiamo bene perché fare un passo indietro del genere. Eppure si sa che ancora prima dell’emergenza, ai tempi delle prime "zone arancioni", le donne nelle loro città soprattutto al Nord già trovavano gli ospedali chiusi, dato che gli aborti venivano considerati non urgenti. Risultato: alcune hanno dovuto portare avanti gravidanze indesiderate pur essendo in terapia con farmaci pericolosi per il feto: hanno subito ritardi anche le diagnosi prenatali, ed è stato un problema per le donne poi accedere all’interruzione terapeutica della gravidanza. In Italia - conclude - sono comunque ancora oggi molto pochi i centri che danno accesso all’ aborto farmacologico: gli ostacoli permangono, dall’obiezione di coscienza alla mancata fornitura da parte dei servizi farmaceutici degli ospedali».

Sulle barricate anche lo scrittore Roberto Saviano: "Il primo pensiero va alle donne - scrive Saviano - La decisione di abortire non è mai - e sottolineo mai - una decisione presa con leggerezza, non è mai indolore. Abortire con ostacoli, poi, diventa una vera a propria tortura. Se, come afferma la governatrice Tesei, gli ospedali umbri non sono gravati dall’emergenza Covid, allora sarà più semplice dare assistenza domiciliare alle donne che decidono di abortire, evitando inutili degenze che oggi - ne abbiamo prova - rappresentano un rischio concreto". Ma questa decisione "non ha nulla di razionale e non c’entra con la sicurezza delle donne, è l’ennesima picconata alla legge 194 che ha depenalizzato e dato regole all’ aborto. Prima del 1978 procurarsi, praticare e istigare all’ aborto erano considerati reati puniti con il carcere" affonda lo scrittore.

Intanto Il ministro della Salute Roberto Speranza ha richiesto un parere al Consiglio superiore di sanità (Css), alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, «in merito alla interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico. L’ultimo parere in materia era stato espresso dal Css nel 2010».

Ma la governatrice Donatella Tesei non ci sta e, in un'intervista a Repubblica, rispedisce le accuse al mittente: "Io difendo le donne: per l’ aborto farmacologico ci vogliono tre giorni di ricovero. Io mi limito ad applicare le linee guida del ministero della Sanità" dichiara. Secondo la governatrice leghista le regioni che hanno scelto il day hospital «non hanno abbastanza a cuore la tutela delle donne». «In Italia c’è una legge, la 194, la applico - precisa Tesei - Le donne sono libere di scegliere, ma in sicurezza. Ma credo sia naturale voler difendere la vita. L’ aborto farmacologico è una cosa delicata. Seguo le linee guida del ministero. Se dovessero cambiare, mi adeguerò». Quanto alla possibilità di esporre, con il ricovero, le donne al contagio da coronavirus, «l’Umbria è ormai una regione quasi Covid free», sottolinea. Sul possibile suggerimento del suo collega di partito Simone Pillon, da sempre fautore dell’abolizione della 194, Tesei chiede: «Perché cercate motivazioni politiche quando la mia scelta è esclusivamente sanitaria e garantista nei confronti delle donne? Sono un’avvocata, credo nelle leggi e le applico. La salute viene prima di tutto. Nessuna donna rifiuterebbe un ricovero se dovesse sottoporsi a un’operazione di qualunque tipo. Non entro nella libertà personale, qui non ci sono in gioco le mie idee. Perché vi meravigliate tanto?».

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