a ferro e fuoco
Morte George Floyd, l'America esplode: scontri e paura. Trump minaccia
La rabbia esplode negli Stati Uniti e dilaga in tutto il Paese. Da Minneapolis a New York, da Atlanta a Houston, i manifestanti hanno messo a ferro e fuoco le città per gridare che le vite degli afroamericani contano. Sono passati quattro giorni da quando George Floyd è morto sotto il peso dell'agente di polizia Derek Chauvin che gli ha tenuto il ginocchio premuto sul collo per 9 lunghissimi minuti, ma la protesta non si è placata. Neanche dopo l'arresto di Chauvin, accusato formalmente di omicidio colposo e ora detenuto nel carcere della Contea di Ramsey a St. Paul. Il bilancio più duro è stato registrato a Detroit, dove un ragazzo di 19 anni è morto durante le manifestazioni, colpito da un proiettile sparato da una persona alla guida di un suv nel quartiere di Greektown.
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Dall'altra parte del Paese, a Oakland, in California, un agente del Servizio di protezione federale è morto e un altro è rimasto ferito, in una sparatoria avvenuta fuori dal tribunale federale, a meno di mezzo miglio dal quartier generale della polizia preso d'assalto dai manifestanti. Non è ancora chiara la dinamica degli eventi ma, secondo una prima ricostruzione degli agenti, la sparatoria potrebbe non essere collegata alle proteste. Le immagini degli incendi appiccati, delle vetrine infrante, delle auto della polizia vandalizzate, e dei negozi saccheggiati, hanno fatto il giro del mondo. Il Pentagono ha chiesto all'esercito di tenere pronte le truppe per intervenire.
La tensione ha travolto anche la Casa Bianca. I servizi segreti hanno deciso di blindare la residenza presidenziale Usa chiudendo l'accesso anche alla stampa per circa un'ora, dopo che la protesta ha raggiunto Lafayette Square. Il presidente Donald Trump ha ringraziato i servizi per "l'ottimo lavoro" e ha attaccato duramente i manifestanti. Accusandoli, prima, di non aver niente a che fare con il ricordo di George Floyd e di essere "gestiti professionalmente", dopo, dicendo che "cani feroci" e "armi minacciose" erano pronti ad accoglierli qualora avessero varcato le recinzioni della Casa Bianca. Il tycoon è passato poi ad attaccare il sindaco di Minneapolis, da dove è partita la protesta, e tutti gli amministratori democratici che "non sanno difendere le città". E proprio a Minneapolis il coprifuoco non è servito a porre fine alle proteste ed è stato violato dai manifestanti. Il governatore del Minnesota ha chiesto la pace, mentre altri mille militari della Guardia Nazionale sono stati schierati in quello che è il più grande dispiegamento di forze nei 164 anni di storia del Corpo. Scene di guerriglia sono avvenute anche ad Atlanta, dove è stato preso di mira il quartier generale della Cnn. Centinaia di persone sono state arrestate a New York, Los Angeles, Houston e Minneapolis. La casa di Derek Chauvin è stata vandalizzata.
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A soffiare sul fuoco delle proteste è stato il responso dell'autopsia sul cadavere di George Floyd. Né l'asfissia né lo strangolamento sono state riconosciute come le cause del decesso. A provocare la morte dell'afroamericano sarebbe stato un mix di eventi: "l'essere immobilizzato, le patologie pregresse e la presenza di una sostanza tossica nel corpo". La famiglia di Floyd ha immediatamente chiesto di effettuare un'autopsia indipendente, non fidandosi delle autorità di Minneapolis. La sete di giustizia, la rabbia per la disuguaglianza sociale è sfociata in un fiume di violenza da cui ora sindaci e governatori di tutti i partiti prendono le distanze. "Questo non è nello spirito di Martin Luther King, Jr.", ha detto il sindaco dem di Atlanta Keisha Lance Bottoms, "state disonorando la vita di George Floyd e di ogni altra persona che è stata uccisa in questo Paese". "La situazione a Minneapolis non è più in alcun modo" correlata all'omicidio di Floyd, le ha fatto eco il governatore del Minnesota Tim Waltz, "si tratta di attaccare la società civile, infondere paura e distruggere le nostre grandi città".