"Roma, tornerai grande con De Rossi e Zaniolo"
L'ex giallorosso Juan rivive il suo passato nella Capitale e dà consigli per il futuro
Da poco più di una settimana Juan ha appeso gli scarpini al chiodo. Dopo aver disputato l'ultima partita in carriera con il Flamengo l'ormai ex difensore è tornato in settimana a Roma, dove ha vinto due trofei in 5 stagioni, totalizzando 149 presenze condite da 11 gol. Il brasiliano, passato per Trigoria, si racconta a Il Tempo. Che cosa prova dopo il ritiro? «E' una sensazione nuova, diversa da tutto ciò che avevo provato prima. Io però ero già preparato a questo, quindi mi sento bene. A dire la verità dovevo smettere l'anno scorso a dicembre, però ad ottobre mi sono fatto male, ho subito un intervento e a quel punto ho deciso di svolgere la riabilitazione per rientrare e poi smettere, facendo qualche ultima partita». Allenerà? «No, non voglio fare l'allenatore, ho già un accordo con il Flamengo, rimango lì a lavorare con loro. Adesso mi godo un po' le vacanze, poi dopo inizierò a capire quello che devo fare e quello che vogliono loro in società, devo imparare. Piano piano inizierò». Intanto è ripassato a Trigoria. «Erano sei anni che non venivo a Roma. E' stato bello tornare a Trigoria, lì ci ho vissuto per cinque anni, sono stati momenti meravigliosi, sono stato veramente felice qui a Roma, sia dentro che fuori dal campo, è stato un giorno speciale questo del ritorno». Com'è cambiata Trigoria? «E' cambiata molto, l'hanno modernizzata. La gente che ci lavora è più o meno la stessa, c'è molta passione lì dentro». Ha regalato una maglia a De Rossi. «Ho regalato una maglia a Daniele, una a Totti e una a Perrotta, sono miei amici che sono rimasti qui. Sia Daniele sia Francesco mi hanno mandato un bel messaggio dopo la mia partita d'addio, ho voluto ringraziarli con una maglietta». Come vede Totti da dirigente? «Francesco è la Roma. Sarà sempre il giocatore più importante della Roma, dentro o fuori dal campo cambia poco. Daniele ancora sta bene, ancora può giocare ad alti livelli, è un gran giocatore. Dopo Francesco, Daniele è la storia della Roma, non ci sarà più un giocatore come loro due. Io se fossi nella società vorrei avere sempre giocatori come loro, del loro livello e del loro spessore nello spogliatoio. Rinnoverei a De Rossi, può ancora giocare ad alto livello. Si vede sul campo, quando manca lui la Roma soffre». Continua a seguire la Roma? «Sì, la seguo sempre. Penso che dopo 4-5 stagioni di fila in cui la ha giocato bene ed è sempre arrivata tra il secondo e il terzo posto ci sta una stagione un po' storta. La squadra rispetto all'anno scorso è cambiata tanto, sono andati via giocatori importanti e sono arrivati giocatori nuovi e giovani, bisogna avere un po' di pazienza per fargli capire la Roma e la piazza». Quindi il cambiare tanto è stato il problema principale? «Sì. Ma per molto tempo hai giocato in Champions League e hai giocato bene, ci sta una stagione con maggiori difficoltà». Ora c'è Ranieri sulla panchina, è stato cercato Conte e si fanno tanti nomi, da chi ripartirebbe? «E' difficile da dire, sono uno che parla sempre bene di Ranieri, per come mi ha trattato e per quello che ha fatto con la Roma da allenatore. E' una scelta che spetta alla società». Quali sono i migliori giocatori in rosa? «Florenzi, che ho conosciuto per poco tempo nei giorni del ritiro di Zeman, è uno di questi. Ci sono ragazzi giovane e forti, come Zaniolo, sento parlare benissimo di lui. Poi c'è Dzeko, che è un campione. Ci sono giovani forti. E' una squadra che può tornare subito ad alti livelli». La sua ultima partita è stata un derby con la Lazio, in cui venne preso di mira da cori razzisti. Un problema ancora irrisolto. «Mi dispiace tantissimo che si sentano ancora questi cori, non me lo sarei aspettato. In quel periodo succedeva più spesso e hanno combattuto questo problema, che non è del calcio, ma della società in generale, il calcio diventa lo specchio di quello che succede fuori. Bisogna combattere duramente su questo tema». Prima a Roma c'era una colonia brasiliana, ora sono rimasti solo Juan Jesus e Fuzato. «Fuzato è un giovane. Juan ha tanta esperienza nel calcio italiano, è un giocatore forte, da tempo gioca ad alto livello, è un giocatore pronto». Qual è stato il suo miglior allenatore? Le mancano i tifosi giallorossi? «Spalletti è sicuramente stato quello più forte tatticamente, però forse con Ranieri ho giocato di più. Mi hanno fatto piacere i tanti messaggi dei tifosi romanisti dopo il mio addio. La Curva Sud faceva un tifo importante e imponente, però anche la tifoseria del Flamengo è molto calda e accesa. Mi faceva molto piacere giocare qui in Italia». È rammaricato per come è finita? «E' sempre facile parlare del passato, ma guardando indietro forse ho fatto l'errore di andare via e finire così dopo dieci giorni di ritiro, forse potevo rimanere almeno fino a dicembre, fare un paio di partite in più e ringraziare i tifosi da dentro il campo. Potevo continuare, ma a dire la verità ero un po' stanco dopo dieci anni vissuti in Europa, volevo tornare in Brasile. E anche i metodi di lavoro di Zeman non mi piacevano molto (ride, ndr). E' andata così ormai, è il passato». Qual è il suo miglior ricordo dell'esperienza a Roma? «Ci sono state tante partite belle, è molto difficile dirlo. Mi ricordo Roma-Real Madrid, tutti i derby che abbiamo giocato, le sfide con l'Inter. E' difficile dirne una in particolare, ci sono state tante belle serate. E' stato sicuramente un bel periodo a Roma». Che ne pensa di queste due semifinali di Champions? «Il calcio è cambiato tantissimo, una squadra che ha un grande vantaggio continua a giocare in avanti, concedendo occasioni da gol agli avversari. Prima non succedeva molto, ora accade spesso». Chi vince la Champions? «E' una gara difficile, io mi auguro che vinca il Liverpool perché c'è il mio amico Alisson. Già lo conoscevo dai tempi dell'Internacional, ci ho giocato insieme, già sapevo che era un fenomeno, era un ragazzo molto molto professionale, aveva molto potenziale, non era ancora arrivato al top, ma era già un portiere straordinario». Lei era in campo con il Brasile nell'ultima Copa America vinta, che cosa serve alla Seleçao per ritornare quella di un tempo? «Prima di tutto serve tornare a vincere, facendolo da subito. La Copa America è una grande opportunità, perché aumenterebbe la fiducia. In questo momento tutti hanno dubbi sul valore del Brasile, dei calciatori e dell'allenatore. Bisogna vincere, anche perché giochiamo in casa. Se il Brasile non vince o non arriva almeno in finale succede un po' di casino. Non ai livelli del Mondiale giocato in casa, ma aumenterebbe la negatività intorno alla Seleçao».