pazienti felici

Barbie protagonista della “Doll Therapy” al nucleo Alzheimer della RSA San Raffaele di Campi Salentina

Ci giocavano sognando la vita da adulte, oggi tornano a farlo ricordando quella da ragazze. Accade nella RSA San Raffaele di Campi Salentina (Lecce) dove gli operatori della struttura, travolti dalla scia inarrestabile del fenomeno Barbie, ne hanno regalato alcune ad un gruppo di pazienti affette da Alzheimer.

“La reazione delle ospiti è stata sorprendente, al di là di ogni previsione possibile” ha raccontato Irene Patruno, educatrice professionale della residenza, spiegando che nell’ambito del laboratorio di Doll Therapy alle pazienti del nucleo Alzheimer è stata data la possibilità di scegliere con quale bambola giocare tra le diverse presenti. Giocare con le Barbie non era e non sarà mai uguale a giocare con le altre bambole anzi, chi giocava con le Barbie spesso non giocava affatto con altre bambole. Le pazienti che l’hanno scelta, sempre diffidenti nel corso delle sedute precedenti, avevano senza dubbio un trascorso personale legato alla “doll” più famosa al mondo tant’è che hanno preso a rapportarcisi come se non avessero mai smesso di farlo, improvvisando acconciature, cambi d’abito e dialoghi forse mai davvero dimenticati.

  

“La Doll therapy, o terapia della bambola, rientra nei cosiddetti interventi non farmacologici utilizzati nel trattamento delle demenze”, ha spiegato la dott.ssa Maria Giovanna Pezzuto, psicologa della RSA salentina, “il contatto visivo e corporeo, la manipolazione tattile e il dialogo con la bambola possono stimolare i processi cognitivi e la memoria, facilitare il dialogo, la capacità relazionale, il rilassamento e i processi emozionali, diminuire i disturbi comportamentali e del sonno, l’irritabilità e il senso di depressione”. 

L’icona indiscussa delle bambole ha fatto ancora di più. Ha eliminato quella patina di grigio e apatia dal volto delle pazienti solitamente poco collaborative alle terapie manuali tingendo di rosa una bollente giornata di luglio in cui tutto è diventato possibile, anche partire per una vacanza al mare a bordo di una spider decappottabile o per una gita in montagna con una roulotte lucente come una reggia, rigorosamente rosa shocking. Per non parlare di quando una delle ospiti all’affermazione di una operatrice “ma quanto sei bella” ha risposto “ma certo, lo so”. Che non è, questa volta, una delle scene più discusse del film da record che sta svaligiando i botteghini, ma un’istantanea di vita reale. 

La demenza senile è una patologia neurodegenerativa dell’encefalo che determina una riduzione graduale e irreversibile delle facoltà cognitive, la forma più comune è quella di Alzheimer. Il World Alzheimer Report parla di 46milioni di persone colpite nel mondo nel 2015 che diventeranno oltre 131,5 milioni nel 2050. È una malattia avida che si prende tutto e anche di più. Chi ne è affetto vive una vita parallela, perde la percezione del tempo, dello spazio, delle distanze. Sbiadisce. Come la pellicola di un film. Ma questo non è un film.