colline teramane
Il Montepulciano che nasce tra il mare e il Gran Sasso
C’è un Montepulciano d’Abruzzo che nasce tra mare e monti, tra l’Adriatico e il massiccio del Gran Sasso e i monti della Laga. E’ la Docg Colline Teramane, fino all’anno scorso Consorzio a parte e dal 2024 entrato in quello più ampio che tutela tutto il Montepulciano d’Abruzzo Doc. Ma le differenze tra il vino di questa zona e il resto della Regione, pur essendo lo stesso vitigno, si sentono eccome: qui profumi e sorsi sono più “selvaggi”, nel bicchiere si notano refoli di sapidità dati proprio dalla vicinanza del mare e i tannini sono più difficili da domare. Il risultato sono vini intensi, profumati, ma che hanno bisogno di qualche anno in bottiglia per potersi esprimere al meglio.
Per questo, durante gli assaggi che il Consorzio ha svolto nelle sale del resort Borgo Spoltino (Teramo), i voti più alti sono stati quelli ottenuti dalle Riserve (per disciplinare possono uscire dopo 3 anni e devono fare almeno dodici mesi di affinamento in legno), nelle quali, soprattutto al palato, i toni sono più morbidi e eleganti. Fra tutte spiccano tre bottiglie che maggiormente incarnano lo spirito del territorio: il Neromoro 2020 della fattoria Nicodemi, prodotto nella zona di Notaresco, con un naso molto ampio e interessante, morbido in bocca e con una chiusura dei tannini equilibrata; Pieluni 2019 Illuminati, da vigne coltivate nell’area di Controguerra, con profumi balsamici, frutta rossa e confettura di prugne, in bocca morbido e con un finale molto lungo in cui la fanno da padrone note fresche e sapide; infine Savini 2019 della Fattoria Giuseppe Savini, prodotto a Roseto degli Abruzzi che sorprende per delle note di profumo di chiodi di garofano, in bocca sottobosco, frutti rossi e tannini morbidi. Per chi vuole abbinare alla scoperta di vini anche escursioni turistiche, due le cantine da segnalare: Abbazia di Propezzano e Terraviva.
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La prima si trova all’interno di un complesso che ingloba una vera e propria Abbazia risalente all’anno mille, prima benedettina poi francescana, acquistata dalla famiglia Savini nel 1870 e poi completamente restaurata intorno al 1980. Piccola la cantina (ma ne stanno costruendo una nuova), grandi le sale dove si svolgono degustazioni e feste con affaccio sul chiostro medievale. Due le bottiglie da segnalare (in tutto le etichette sono sette): il Cerasuolo Cab 2021 (13 euro) con un naso ampio, un finale in bocca morbido che finisce con una bella acidità e il Falanghina 2017 (28 euro) che viene affinato in anfora. La cantina Terraviva, invece, si affaccia su un panorama mozzafiato sul mare (dista solo un chilometro e mezzo) in mezzo a vigneti che prendono il “soffio” dell’Adriatico. Due bottiglie su tutte: Mario’s 48 (il numero indica l’età della vigna) del 2020, un Trebbiano da vigne coltivate a pergola, con note salmastre e poi di pesca e nespola e una acidità importante ma mai troppo invadente e il Cerasuolo 2022 Giusi (16 euro) un vino davvero ben fatto, dove si alternano frutti rossi, visciole e fiori di campo. Il finale lascia una bella bocca fresca e piena. Da abbinare a un antipasto di pesce crudo.