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Tenuta Capezzana, la storia del Carmignano nel bicchiere

Paolo Zappitelli
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Racconta Filippo Contini Bonacossi scherzando - ma non troppo - che a chi gli dice che fa vino dal 1800, replica con garbo che sì anche lui, solo senza l’uno davanti. La prima pergamena che attesta la produzione di vino e olio della Tenuta Capezzana risale infatti all’804. Da allora sono cambiati usi, gusti e costumi ma la famiglia continua a produrre vini nelle vigne fra Prato e Firenze tra i quali quel famoso Carmigliano che i Medici consideravano il paradigma con il quale tutti gli altri dovevano confrontarsi. Nella degustazione fatta a Roma al ristorante di Alessandro Pipero per presentare le nuove annate, la mente, il cuore e il palato vanno come primo ricordo allo strepitoso Vin Santo di Carmignano 2014, fatto con le prime uve vendemmiate di Trebbiano: il profumo si apre in mille sfumature di albicocche e frutta disidratata, noci, fichi e tabacco mentre bevendolo si aprono sensazioni di dolcezza subito equilibrate dalla freschezza. Praticamente un capolavoro. Il Trebbiano 2020 è un vino strutturato che lascia un lungo ricordo ma che ha bisogno forse di fare ancora un po’ in bottiglia mentre il Villa di Capezzana Carmignano doc si presenta con due facce: il 2019 (appena uscito in commercio) è godibile, profumato ma ha bisogno di fare ancora strada e non entusiasma; decisamente migliore il «Dieci anni» del 2012, con un naso subito di frutta rossa, caldo, profondo, quasi masticabile. Il Carmignano Trefiano Riserva 2018 Doc viene invece fatto solo nelle annate migliori: avvolgente, con grandi tannini, è un vino che si sposa alla perfezione con la celebre carbonara di Pipero, riuscendo a cancellare ogni traccia di grassezza. Infine l’Ugo Cantini Bonacossi 2016 Sangiovese Toscana Igt, prodotto con una selezione delle migliori uve della vigna: bei profumi di erbe aromatiche ma anche spezie, tannini, molto persistente.
 

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