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Così l'Amarone diventa grande fra i Grandi

Paolo Zappitelli
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Una magnum di Amarone Aneri di Legnago ai leader del G20. Così Mario Draghi ha scelto di omaggiare i Grandi del mondo che sono stati ospitati due giorni a Roma. Un vino che rappresenta un’eccellenza assoluta del nostro Paese, conosciuto in tutto il mondo ma con una storia relativamente recente. Ci troviamo in Veneto, nella zona della Valpolicella, colline che si innalzano alle spalle di Verona e da sempre «disegnate» dai vigneti. Qui fino a quasi 80 anni fa si vinificava un passito di grande eleganza, il Recioto, prodotto Corvina, Corvinone, Rondinella e un’aggiunta, per non più del 10%, di altre uve locali. Racconta la storia che, a metà degli anni ’30, una di queste botti venne dimenticata in cantina e ritrovata molto dopo il periodo in cui doveva essere aperta. Ma la scoperta fu eccezionale: il vino aveva continuato la fermentazione, consumando tutti gli zuccheri - al contrario del Recioto in cui invece il processo viene bloccato molto prima - ed era diventato «secco». Quel nuovo vino, per la sua caratteristica, venne chiamato Amarone. Ma nell’ultimo decennio il suo stile si è evoluto: non più un vino opulento, sfarzoso ma che alla fine lasciava il palato con un gusto troppo marcato di marmellata di frutta. Oggi è diventato più elegante e snello, pur conservando i profumi e gli aromi che lo hanno reso famoso in tutto il mondo. Ed è così diventato un fenomeno anche commerciale visto che, nel 2019, ultimo anno prima della pandemia, valeva 350 milioni di fatturato, con un export in continua crescita.

 

 

Per rappresentare al meglio il «re della Valpolicella», nel 2009 tredici cantine della zona si sono messe insieme e hanno dato vita all’associazione Famiglie storiche dell’Amarone: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato.
Una di queste, Tedeschi, ha appena messo in commercio la sua prima annata del nuovo Maternigo Amarone della Valpolicella Docg Riserva 2016, prodotto in un fazzoletto di territorio acquistato nel 2006 e dove sono state impiantate le vigne ex novo.

 

 

Un vino che interpreta bene il nuovo stile: ottenuto con uve fatte appassire a bassa temperatura, matura in botti di rovere di Slavonia per quattro anni, e poi trascorre altri 12 mesi in bottiglia prima di essere messo in vendita. Nel bicchiere sprigiona subito frutta rossa matura, pepe e profumi balsamici, al sorso ha un inizio morbido ma molto ampio che riempie tutta la bocca, un alcol presente ma che scompare presto per lasciare un finale lunghissimo di ciliegie sotto spirito. Non sarà prodotto sempre ma solo in annate che garantiscono la qualità richiesta: usciranno forse la 2019 e la 2021.

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