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Tra le colline dell'Oltrepò dove nasce il Pinot nero

Paolo Zappitelli
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C’è un territorio di colline rotonde e armoniose, quasi affastellate una sull’altra, dove il pinot nero - vitigno un po’ viziato, bisbetico, difficile da padroneggiare ma di grandissima qualità - non sfigura neppure al confronto con quello che si coltiva in Borgogna. È l’Oltrepò Pavese, un’area a sud del grande fiume e con un terroir - come insegnano i francesi - perfetto per questo vitigno: un terreno di argille, marne e detriti fossili con alcuni affioramenti di gesso, un clima che offre grandi escursioni termiche tra giorno e notte e una temperatura che anche nelle giornate più calde regala comunque una un po’ di ventilazione e umidità alle uve. Qui il Pinot nero è arrivato quasi 200 anni fa, portato per la prima volta a Rocca de’ Giorgi dal Conte Carlo Giorgi di Vistarino, avo della contessa Ottavia che oggi, alla testa della cantina Vistarino, guida la «riscossa» di un territorio ancora poco conosciuto. Eppure qui si produce il 75% del Pinot nero italiano, una quantità che la piazza al terzo posto nel mondo dopo Borgogna e Champagne.

 

 

 

Due le versioni: un metodo classico, le bollicine, che assorbe la maggior parte della produzione, e quella invece vinificata in rosso che ha ancora molta potenzialità da esprimere e che potrebbe tranquillamente eguagliare - se non superare - i pinot neri coltivati in Alto Adige. Per rilanciare i vini prodotti con queste due «anime» e conquistare una fetta di mercato più ampia che ancora manca, 20 cantine, con il supporto del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, hanno organizzato una manifestazione nell’Antica Tenuta Pegazzera a Casteggio in provincia di Pavia. Venti produttori che rappresentano le tante anime di un territorio che offre un paesaggio estremamente vario, dove si alternano boschi e vigneti, dove si cambia valle ogni cento metri ma anche tipo di esposizione e terreno. E per questo a pochissima distanza ci sono zone dove il Pinot nero regala spumanti eccellenti ma rossi non memorabili e viceversa. Tra le bollicine in degustazione - tutte di qualità medio alta - due in particolare da segnalare: Nature, metodo classico pas dosè di Monsupello e Roccapietra Cruasé 2015 di Scuropasso. Il primo - che ha anche un 15% di chardonnay - ha un bellissimo colore, quasi oro antico, al naso crosta di pane, qualche accenno di pesca bianca e gesso, mentre in bocca rivela una grande finezza ma anche un carattere un po’ nervosetto con note citriche. Il secondo ha un color rosa carico, naso molto profondo e un pinot nero che si fa sentire in tutto il suo carattere. Ed è proprio questa probabilmente la strada che i produttori dovranno seguire: far emergere profumi e sapori di questo vigneto e non cercare di imitare altre bollicine. Per il rosso da citare il Bertone di Conte Vistarino, un pinot nero che può essere preso come punto di riferimento per profumi e aromi.

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