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Dal Barolo al Cesanese, la scommessa di Giovanni Negri

Paolo Zappitelli
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Sostiene Giovanni Negri che la sua ultima follia di viticoltore un po’ è figlia dei ricordi della sua prozia Clara, cresciuta tra Anagni e la Ciociaria, e un po’ della moglie, che divide la sua nascita anche lei tra Anagni e Praga. Così, sostiene ancora, investire in una nuova avventura acquistando 6 ettari di terreno a Piglio per produrre Cesanese (e anche olio), è stato quasi un fatto naturale. Certo è che per un produttore di Barolo, proprietario della cantina Serradenari nelle Langhe, con vini piazzati stabilmente in tutte le guide del settore, il salto è grande. Anche se lui prova a minimizzare. «Volevo investire e avevo voglia di qualcosa di diverso, di nuovo, non nei soliti territori Bolgheri, Montalcino, Montefalco. Il Piglio è un posto bellissimo e con potenzialità enormi. Siamo a 50 chilometri da Roma, da San Pietro. E il Cesanese è un vino che, secondo me, è criminale vendere a meno di 25 euro a bottiglia. Però bisogna farlo bene. E qui ci sono piccoli produttori, di nicchia, che lavorano in maniera eccellente. Ecco il mio obiettivo è quello».
Per il momento dalle Langhe si è trasferito quasi in pianta stabile a Roma - un ritorno visto che qua a cavallo tra gli anni ’80 e il 2000 ha fatto politica diventando segretario del partito radicale, e il giornalista, come vicedirettore proprio de Il Tempo - e ogni giorno va «in vigna» a seguire l’avventura appena partita. C’è da costruire la cantina della futura «Tenuta Il Piglio», che avrà una grande sala con vetrate dove fare le degustazioni, mettere a dimora le viti e iniziare la realizzazione del resort che avrà 6 camere per accogliere i turisti. «Qualche vigna c’è ma molto lo devo impiantare. E lo voglio fare come dico io. Perché bisogna sempre partire dalla pianta». Acquistare i terreni non è stato particolarmente difficile né ha richiesto investimenti eccessivi. «E neppure io ho capito perché. Incontravo questi vecchi proprietari che non vedevano l’ora di liberarsi delle loro tenute, perché la figlia magari preferiva lavorare come ragioniera a Latina. Ma io dico perché? Quasi mi arrabbiavo, questo è un posto meraviglioso, si possono fare cose strepitose».

 

Eppure il Cesanese non è un vino particolarmente facile né particolarmente famoso. «È vero - spiega - ma io ci credo. Credo alla sua longevità e alla sua potenzialità. Farò una Docg ma sogno anche di fare una serie di sottozone, un po’ come con il Barolo». I primi vini, ragionevolmente, non vedranno la luce prima di quattro anni. «Nel frattempo però - racconta - sto iniziando a comprare le uve da piccoli produttori per produrre qualcosa di mio. Per capire come migliorare, come lavorare». Ma non solo Cesanese. Giovanni Negri pensa anche a un bianco. «Sì è una sorpresa. E non dico nulla nemmeno sotto tortura...».
 

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