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"Così il delivery mi ha salvato dal fallimento"

Paolo Zappitelli
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Gianni Catani è uno di quelli che ha sconfitto il Covid. Non perché lo abbia avuto ma perché da titolare di un ristorante - una delle attività più penalizzate in assoluto da questa pandemia - è riuscito con la consegna a domicilio a non fallire e addirittura a incrementare il suo fatturato. Tanto che ora vuole lanciarsi nella distribuzione espressa in tutta Italia e nei supermercati. La storia, insomma, di uno che non ha mollato, ha aguzzato l’ingegno, è stato notte e giorno a studiare per un mese, e poi ha tirato fuori l’idea che lo ha salvato. Il suo è un delivery particolare, così come particolare è il suo locale: una «ravioleria» a Roma in puro stile cinese «dove non esiste alcuna contaminazione italiana» spiega. «Si mangia esattamente quello che si può trovare a Shanghai, cucina regionale preparata da me e dal mio chef cinese».
Una scommessa difficile. Come nasce questa passione?
«Ce l’ho da quando ero ragazzino, mia madre mi portava a mangiare al ristorante cinese e io impazzivo per quei piatti. Appena ho potuto ho iniziato a viaggiare, sono andato lì, ho lavorato nei ristoranti, facevo di tutto. Ma soprattutto imparavo la loro cucina. Poi per dieci anni sono stato con un masterchef, uno dei più importanti del Paese, tra i più bravi. E quando sono tornato in Italia ho aperto il mio locale».
Che però all’inizio non era un vero e proprio ristorante.
«No, avevamo affittato un locale solo per il week end e facevano cene a numero chiuso, con prenotazioni su Facebook. Proponevamo ravioli, in Cina ne esistono molte ricette. Un successo pazzesco. Poi è arrivata la fregatura...».
Il Covid?
«No, molto prima. La titolare ci ha cacciato e ci ha copiato l’idea. Una mazzata. Ho dovuto lavorare come un matto sui social per far capire che non eravamo noi. E infatti non ci andava nessuno. A quel punto, 5 anni fa, ho aperto il mio primo ristorante, il Dumpling bar, a piazza Meucci, in zona Marconi. Poi ha raddoppiato con il Lamian bar. Lì la proposta principale sono gli spaghetti cinesi fatti a mano. E poi ho aperto anche un laboratorio dove facevo asporto».
Ed è quello che vi ha salvato quando è arrivata la pandemia.
«Non è stato così facile. Il mio socio, che è cinese, mi costringeva a stare a casa. E poi all’inizio i ravioli arrivavano ai clienti freddi, gommosi, i commenti erano tutti negativi. Ho detto ragazzi così non va. L’idea che ci ha salvato è stata di prepararli senza cuocerli completamente, in modo che quando vengono consegnati il cliente può semplicemente scaldarli a vapore, metterli nell’acqua o piastrarli ed è come se fossero appena fatti. In più si possono conservare freddi per qualche giorno in frigo. Oppure surgelarli».

 

 


Insomma siete passati dall’orlo del fallimento al successo.
«Esatto. Le dico che quando abbiamo riaperto il ristorante, da giugno a ottobre ci siamo preoccupati (ride) perché il delivery è crollato di colpo. Insomma...il fatturato ne risentiva».
Il prossimo traguardo mi par di capire sia la distribuzione in tutta Italia. Non facile visto che il vostro laboratorio è solo a Roma.
«Infatti ci stiamo ancora lavorando. Stiamo pensando di creare dei punti di distribuzione nelle città più grandi. E da lì i prodotti possono essere portati ai clienti nel giro di pochissimo tempo».
Però c’è il problema della conservazione in magazzino.
«Sì, dobbiamo anche avere una distribuzione efficiente perché i prodotti devono restare a 4 gradi in atmosfera modificata. Così possono possono essere mantenuti anche 30 giorni in frigo».
Qualcuno storcerà il naso...Il sapore è sempre lo stesso?»
«Assolutamente sì, proprio perché non li cuociamo completamente. Basta riscaldarli e sono perfetti. Sulla box del cibo c’è anche un Qrcode dove spiego esattamente come fare. Bastano tre minuti a vapore. E per chi non ha il cestello può comprare anche quello da noi».

 


Va bene i ravioli ma il resto?
«Stesso procedimento, Shanghai è la città dei cibi cucinati a vapore. Nel menu abbiamo piatti gourmet come il manzo jumbao con una salsa particolare, il pollo affumicato, la spigola. Tutto come se il cliente fosse in un vero ristorante cinese. Con il vantaggio di averli direttamente a casa dal sito www.dumplingbar.it. E per chi è più curioso c’è anche il mio portale, attivo da 15 anni, www.cinaincucina.it».
Nei supermercati quando arriveranno?
«Stiamo studiando...»

 

 

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