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Al dente o più cotta? Ecco come la cucinano gli chef

Paolo Zappitelli
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È un piatto democratico, perché ognuno può prepararlo come più gli piace. Ed è il più fantasioso perché non c’è limite agli ingredienti e agli abbinamenti. Ed è forse per questo che la pasta è stata la regina dell’ultimo disgraziato anno di pandemia: nel 2020 gli italiani ne hanno infatti acquistato 50 milioni di confezioni in più.
Un boom che ha spinto i pastai italiani di Unione Italiana Food a lanciare #PastaDiscovery, un ciclo di appuntamenti virtuali dedicato a questo cibo sui canali social di WeLovePasta, con contenuti multimediali che spaziano dai talk ai consigli pratici, alla storia, scienza e cultura della pasta, alle guide e ai test di assaggio, fino alle interviste e ai contributi video di gastronomi, pastai, food blogger e i consigli di Cristina Bowerman, chef stellato e presidente dell'associazione Ambasciatori del Gusto. E proprio la patron di Glass Hostaria a Roma ha aperto il primo di questi incontri, insieme al presidente dei Pastai italiani Riccardo Felicetti. Partendo da un «dilemma» che da generazioni divide tutti i commensali: meglio al dente o più cotta?

 

 

 

La premessa è che, proprio perché «democratica» ognuno può preparala come preferisce. «È una divisione che rispetta anche un fatto culturale - ha spiegato Felicetti - al Sud, dove è stato sempre usato il grano duro la pasta si preferisce al dente. Nella pianura padana, invece, si sono usati più grano tenero e uova e quindi si prepara un po’ più cotta. Il mio consiglio? Cercare di rispettare il tempo di cottura variando poi qualche istante per accontentare il gusto di più commensali possibili...». A favore di una pasta al dente ci sono però alcune indicazioni scientifiche. Una cottura di questo tipo realizza un piatto più sano perché ha un minor impatto sull’indice glicemico e una minore stimolazione alla produzione di insulina. La digestione diventa più lenta, così come l’assorbimento del glucosio che compone l’amido: e il risultato è un indice glicemico inferiore. Altra informazione utile: più l’acqua è calda, più rapidamente verrà assorbita, prima il calore raggiungerà il centro della pasta e questa cuocerà in modo uniforme. 

 

 

 

 

 


Occorre poi sfatare qualche luogo comune. Mai aggiungere olio nell’acqua. Non serve e potrebbe rendere più critico il legame della pasta con il condimento. L’olio andrebbe aggiunto solo a fine cottura per creare l’emulsione perfetta. Per evitare che si attacchi basta mescolarla con attenzione, specie nei primi minuti di cottura. Mai poca acqua nella pentola: se non è sufficiente, rischia di cuocere in modo non uniforme, scotta fuori e cruda dentro. E la chef Cristina Bowerman suggerisce di aumentare anzi la quantità rispetto a quella che usiamo normalmente proprio per avere un risultato migliore. Capitolo sale: va messo appena l’acqua bolle e prima di calare la pasta. Se aggiunto troppo tardi l’acqua salata non idraterà in modo uniforme e fino alla sua «anima» la pasta. Attenzione al condimento con cui andrà «sposata»: se è già sapido va diminuita la quantità di sale in cottura. Ultimo consiglio ma forse il più indicativo: assaggiatela sempre. Proprio per capire a che punto è la cottura. «La pasta non va mai lasciata sola - sorride Riccardo Felicetti - perché soffre di solitudine...».

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