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Milano: consulenti Genovese, 'capacità intendere e volere scemata per abuso droghe'

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Milano, 1 giu. (Adnkronos) - Il quadro clinico di Alberto Genovese, l'ex manager a processo a Milano per due violenze sessuali, "all'epoca dei fatti era caratterizzato da un disturbo cronico da abuso di sostanze stupefacenti in comorbidità con un disturbo psicotico secondario all'uso di sostanze", il tutto inserito in un disturbo della personalità "con la presenza di tratti istrionici, narcisistici e ossessivo compulsivi". Lo sostengono i professori Pietro Pietrini e Giuseppe Sartoni nella consulenza tecnica che i difensori, gli avvocati Luigi Isolabella e Davide Ferrari, hanno consegnato al gup di Milano Chiara Valori che oggi ha detto sì al processo abbreviato condizionato proprio alla consulenza.

Il disturbo del comportamento, secondo gli esperti, ha impattato sulla attività lavorativa dell'imputato e "l'alterazione cognitiva dovuta all'abuso di sostanze di quella sera ha impedito a Genovese di discernere pienamente i confini tra il consenso iniziale della ragazza nel voler avere rapporti sessuali in quelle condizioni e assumere ketamina e il successivo venir meno del consenso, come pure ha inficiato la sua capacità di altrimenti determinarsi nel comprendere quando fosse il momento opportuno di fermarsi". Per questa ragione "riteniamo che la capacità di intendere e di volere di Genovese fosse, al momento dei fatti, quantomeno grandemente scemata".

Per quanto riguarda la pericolosità sociale, "essa è correlata ed è espressione diretta della patologia che lo affligge, nello specifico del disturbo cronico da abuso di sostanze". Inserito da mesi in un contesto protetto e di recupero, cessata l'assunzione di qualsiasi sostanza, "risulta essere una persona prudente e priva di pericolosità sociale". Nelle conclusioni si sottolinea come "La concreta prospettiva di recupero post condanna è inoltre rimarcata da ulteriori elementi nel corso del colloquio, quali: coscienza di malattia nel saper distinguere tra il 'sapere' di dover smettere di far uso di sostanze e il 'sentire' di dover smettere; la volontà di riscatto sociale in termini di investimento del proprio tempo verso progetti volti al recupero e al placement lavorativo dei pazienti ex-tossicodipendenti che hanno appena terminato un percorso di cura".

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