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Covid sveglia hacker, Pmi nel mirino

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Roma, 13 mag. (Adnkronos) - Con un numero crescente di persone che nell'anno della pandemia lavorano da remoto, gli attacchi di phishing e ransomware sono aumentati rispettivamente dell'11% e del 6%, con i casi di false dichiarazioni cresciuti di 15 volte rispetto allo scorso anno. Inoltre, i dati sulle violazioni hanno mostrato che il 61% di queste riguardava credenziali (durante l'anno, il 95% delle organizzazioni che hanno subito attacchi simili ha avuto tra i 637 e i 3,3 miliardi di tentativi di accesso fraudolenti). E' il quadro delineato dall'edizione 2021 del Data Breach Investigations Report di Verizon Business (Dbir 2021) appena diffuso. "La pandemia di Covid-19 ha avuto un profondo impatto su molte delle sfide di sicurezza informatica che le organizzazioni stanno attualmente affrontando" afferma Tami Erwin, Ceo di Verizon Business.

Il Report analizza "un numero di violazioni maggiore rispetto al passato" e mostra come "le forme più comuni di attacchi informatici abbiano avuto ripercussioni sulla sicurezza a livello globale durante la pandemia". Il rapporto di quest'anno ha preso in esame 5.258 violazioni segnalate dalle 83 aziende che hanno collaborato al report in tutto il mondo, un terzo in più di quelle analizzate lo scorso anno. E anche le Pmi sono sempre di più nel mirino degli hacker. "Si assottiglia sempre di più il gap fra le violazioni che colpiscono le grandi aziende e quelle che vedono come vittime le piccole e medie imprese. Se lo scorso anno le violazioni a danno delle Pmi erano meno della metà rispetto a quelle subite dalle grandi aziende, il Dbir 2021 registra un rapporto di 100 a 87" sottolinea all'Adnkronos Phillip Larbey, Managing Principal di Verizon Business.

"Anche le tipologie di attacco -sottolinea Larbey- vanno uniformandosi: sia per le Pmi sia per le grandi aziende, oltre il 70% delle violazioni sono state determinate da intrusioni all'interno del sistema di sicurezza, errori di vario tipo e attacchi alla applicazioni web. Un panorama che mette dunque in evidenza la sempre maggiore attrattività delle Pmi per gli hacker e che dimostra come, anche in paesi come l'Italia il cui tessuto economico è basato su realtà imprenditoriali di piccole e medie dimensioni, non si possa dormire sonni tranquilli, ma si debba continuare a investire sull'aggiornamento continuo dei sistemi di cybersecurity, ma soprattutto sulle competenze It delle risorse".

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