Food: Altroconsumo, ecco indagine su qualità servizio piattaforme delivery
Roma, 20 nov. (Labitalia) - Il food delivery è un settore che negli ultimi anni ha registrato una forte crescita, e che, specialmente in questo periodo in cui gli spostamenti sono limitati, sta giocando un importante ruolo per il settore della ristorazione. Altroconsumo ha voluto fotografare la situazione attuale del food delivery in Italia - con un'indagine sulla qualità del servizio delle diverse piattaforme disponibili - da cui emerge che le piccole realtà non riescono a competere con i grandi player quasi sotto nessun aspetto. Inoltre, l'organizzazione, da sempre impegnata nella tutela dei consumatori, ha realizzato un'analisi sulla sicurezza alimentare dei cibi consegnati, andando a esaminare la presenza di allergeni, la temperatura e la sicurezza microbiologica dei piatti: dei miglioramenti sono necessari a prescindere dalla popolarità della piattaforma.
Altroconsumo ha realizzato un'indagine in merito al servizio delle diverse piattaforme di consegna a domicilio a disposizione degli italiani, effettuando 130 ordini attraverso 7 diverse app in 4 città. La prima in classifica è Glovo, seguita da Deliveroo, Just Eat e Uber Eats. Fra le minori, che collaborano con meno ristoranti, hanno meno filtri e costi di consegna maggiori, troviamo al primo posto Foodys, al secondo Mymenu e, infine, Eat in Time. I valori secondo cui sono state classificate le app sono diversi. In primis, i costi di consegna, risultati inversamente proporzionali alla grandezza della piattaforma. Glovo e Deliveroo sono le più convenienti con dei costi di consegna che si aggirano sui 2 euro, mentre fra le app più piccole i prezzi salgono incisivamente, fino ad arrivare anche a 9 euro su Foodys.
Questa piattaforma è però la prima per velocità di consegna (delivery puntuale nel 75% dei casi). Sotto questo aspetto i risultati sono generalmente buoni, infatti, solo 7 volte su 130, l'ordine è arrivato in forte ritardo. Fra le app più conosciute, Deliveroo è stato puntuale nel 72% dei casi, Glovo nel 67%; ottengono solo la sufficienza Uber Eats e Just Eat, in tempo 1 volta su 2. Infine, è stata valutata la qualità del piatto all'arrivo. I risultati sono sempre stati almeno sufficienti ma emergono alcuni problemi a livello generale legati a igiene e sicurezza: spesso le posate non erano confezionate oppure i piatti o le bevande sono arrivati o troppo freddi o troppo caldi, elemento che incide sia sulla bontà del pasto che potenzialmente sulla salute dell'utente.
Altroconsumo ha l'obiettivo di tutelare e proteggere i consumatori, anche quando si parla di food delivery. Per questo motivo, l'Organizzazione ha realizzato un'indagine in collaborazione con l'Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta in merito alla presenza di allergeni negli ordini, alle temperature di consegna dei piatti e alla loro sicurezza microbiologica. Per farlo, sono stati effettuate 60 ordinazioni sui siti web di 6 piattaforme sia nazionali che locali, che operano su Milano e Torino. In primo luogo, è stato esaminato il tema allergeni, con focus su uova e soia. Al momento dell'ordine risulta piuttosto complesso, se non a volte impossibile, individuarne la presenza nei menù: nel 25% dei casi non è presente una lista di ingredienti utilizzati per le ricette, nell'85% non è possibile deselezionare gli ingredienti e solo due ristoranti evidenziano gli allergeni sul menù della piattaforma come previsto dalla legge. Le modalità per comunicare un'allergia sono diverse da sito a sito: c'è chi ha inserito uno spazio apposito, chi uno generico, chi invece consiglia di chiamare il ristorante mentre alcuni non forniscono possibilità di segnalazione.
Sui 60 ordini, eseguiti in fase di test, in cui si è provato a segnalare le allergie a uova e soia, è stata rilevata comunque la presenza di questi prodotti, come ingredienti o in tracce per contaminazione, 18 volte. Al momento della consegna, è stata analizzata la temperatura degli alimenti. Per una corretta conservazione, si consiglia che i piatti freddi non superino i 10°C e i caldi non dovrebbero scendere sotto i 60°C. Meno problematici i piatti caldi, che in 1/3 dei casi sono arrivati a destinazione ad una temperatura superiore ai 60°C. Tutt'altro che buoni, invece, i dati sui piatti freddi: la temperatura media delle consegne rilevata è di 23.5°C arrivando fino ad oltre 30°C in due ordini.
Quanto a sicurezza microbiologica, nel 38% dei casi non è stata raggiunta la sufficienza. Non sono emerse problematiche che avrebbero potuto causare un'intossicazione o altri disturbi ma, Altroconsumo ha individuato molti indici negativi in merito all'igiene e alla freschezza delle ricette. "Riteniamo fondamentale -dichiara Ivo Tarantino, responsabile relazioni esterne di Altroconsumo- che le piattaforme di delivery intervengano per garantire una maggiore sicurezza degli alimenti agli utenti finali, offrendo ai ristoranti i giusti strumenti per segnalare le allergie in maniera chiara e inequivocabile. Necessario anche un intervento sulle norme affinché vengano definite le temperature di trasporto e le caratteristiche dei contenitori per le consegne a domicilio. Per questo motivo, abbiamo inviato una lettera al Ministro della Salute, al fine di richiedere un'azione concreta da parte delle istituzioni e garantire ai consumatori un servizio totalmente sicuro ed efficiente".