Caro ministro Fioramonti, lei non ha diritto a privacy
Lo sa bene perché anche nel suo Sudafrica ministri hanno dovuto dare dimissioni per vicende intimissime
Il ministro della pubblica istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha replicato piccato a una polemica giornalistica sulla sua decisione di iscrivere il figlio minore a una scuola privata inglese. E questo è ovviamente un suo diritto, come era un dovere che il ministro della scuola pubblica motivasse quella scelta. La risposta data è più che comprensibile: essendo cresciuto all'estero e vissuto per gran tempo in Sudafrica, il ragazzino non era in grado di frequentare con profitto una scuola italiana, e non restava che iscriverlo a una di lingua inglese che in Italia per forza è un istituto privato. Fin qui tutto sacrosanto. Come legittimo è anche il suo sospetto di una certa malevolenza nei suoi confronti, visto che già gli hanno cucito addosso il vestito di nuovo Danilo Toninelli. Ha ragione Fioramonti: lui non affatto un Toninelli, nè un gaffeur (e a dire il vero lo stesso Toninelli è stato impiccato a un paio di gaffes che ingiustamente lo hanno trasformato in una macchietta). Però Fioramonti dice cose tranchant e divisive, e non può stupirsi se queste provocano risposte e polemiche altrettanto tranchant. Il ministro della pubblica istruzione però non si è fermato alla polemica. Ha voluto vestire pure i panni della vittima, sostenendo che sulla questione di dove mandava a scuola il figlio minore, sarebbe stata violata la privacy della sua famiglia, e ha annunciato un ricorso "da privato cittadino" (cosa ridicola: lui non lo è) al Garante per la privacy. E qui proprio non ci siamo, e bisogna che Fioramonti, chi lo ha difeso con veemenza, e tutti gli altri membri del Parlamento italiano se lo ficchino in testa una volta per tutte: loro quel diritto alla privacy non possono proprio rivendicarlo come altri cittadini qualsiasi. Si dirà che Fioramonti è vissuto all'estero, e non sa che qui in Italia da chi si portava a letto Silvio Berlusconi a dove portava a scuola o in vacanza i suoi figli Matteo Renzi, è sempre stato tutto pubblico e pubblicato sulla stampa. Dovrebe comunque averlo visto questa estate, quando è scoppiato uno scandalo sul figlio minore di Matteo Salvini a cavalcioni sulla moto d'acqua della polizia. Ma ai politici non si può fare lo sconto della privacy. Anche se giochicchia a fare la vittima della privacy violata, Fioramonti dovrebbe conoscere perfettamente le regole del gioco che valgono in tutto il mondo. Proprio nel Sudafrica dove è vissuto nel 2018 il ministro degli Interni, Malusi Gigaba, ha rassegnato le dimissioni due settimane dopo la diffusione di un suo video mentre si masturbava. Gigaba ha accusato i servizi di sicurezza sudafricani di avere hackerato il suo telefonino e di aver pubblicato un video di 13 secondi che- ha sostenuto- era destinato a sua moglie, ma ha visto rovinata per sempre la sua carriera politica. Sempre nel 2018 in Gran Bretagna Andrew Griffith, 47 anni, conservatore assai vicino a Theresa May, è stato costretto a lasciare la carica di viceministro per le Attività Produttive dopo aver mandato messaggio "impropri" a due giovani bariste, elettrici nel suo collegio (Burton). Il Sunday Mirror ha pubblicato il contenuto dei messaggi nei quali l'uomo politico - sposato e divenuto padre per la prima volta ad aprile - molestava le due donne chiedendo loro di mandargli video e foto sessualmente esplicite. Identiche dimissioni sempre per i propri comportamenti sessuali hanno dovuto dare nello stesso governo il ministro della Difesa, Michael Fallon (molestie) e il vicepremier Damian Green (collezionava foto pornografiche sul suo computer). In entrambi i casi è stata la stampa a sollevare gli scandali. E non sto ad elencare quandi candidati alla presidenza degli Stati Uniti hanno visto la loro carriera distrutta per i propri comportamenti privati scoperti dalla stampa e così è in tutto il mondo, come ben sa il socialista francese Dominique Strauss Kahn. Qualcuno ha mai invocato a propria protezione la privacy? No, perché avrebbero aggravato la situazione rendendosi oltretutto ridicoli e comunque opinione e pubblica e stampa libera se ne sarebbero fatti giustamente un baffo. L'ultimo garante della privacy in Italia in provvedimenti e interventi pubblici ha spiegato: "In discussione non è la privacy dei politici, cui spetta una tutela attenuata per consentire un più efficace controllo dei cittadini sulla loro attività". E ancora "Chi sceglie di fare politica firma un contratto accetta di vedere attenuata la propria privacy". Le frasi di Antonello Soro, che in passato faceva il politico (quindi ha ben presente la difesa di quella categoria), sono ancora delle aspirine. A parlamentari e membri del governo italiano non dovrebbe essere garantita in realtà alcuna privacy. Il motivo? Semplice: nelle loro mani c'è (e ne fanno ampio uso) il potere legislativo. Sono loro a decidere i confini di quel che è lecito o non lecito per i cittadini. Anche in una sfera personalissima come quella sessuale o quella etico-religiosa. Ci mancherebbe che non debbano rendere conto dei loro comportamenti privati visto che li vietano a tutti gli altri. Io cittadino voglio sapere se quello che vieti a me invece nel segreto della tua intimità concedi a te stesso. Lampante fu il caso di Berlusconi con Ruby Rubacuori: da premier l'allora leader del Pdl aveva appena fatto approvare una legge che inaspriva le pene a chi- maggiorenne- andava a letto con minorenni: poteva mai invocare la privacy sul proprio stile di vita? Ovvio che no. E per non andare tanto lontano dal caso Fioramonti nel 2015 alcuni giornali lanciarono una campagna contro Renzi perché dopo avere fatto la contestata riforma della buona scuola si diceva avesse iscritto tutti e tre i figli a una scuola privata. Coro di polemiche e di indignazioni proprio degli stessi che ora si indignano per la violazione della privacy del nuovo ministro M5s. Allora semplicemente la notizia era falsa, e questo è altro paio di maniche. Ma fosse stata vera, era legittimo indagare e pubblicare. L'errore è stato semmai non andare a verificarne la fondatezza nell'istituto ipotizzato, come invece giustamente è avvenuto oggi. Caro Fioramonti, è assai lodevole che lei voglia difendere la privacy e l'intimità della sua famiglia. Sono padre e nonno, e la capisco benissimo. Ma aveva un modo ideale per farlo: quando le hanno chiesto se voleva entrare in questo o quel governo e addirittura diventare ministro, sarebbe bastato rispondere "No, tengo di più alla mia famiglia". Lei ha quindi fatto liberamente la scelta opposta, e allora oggi ci risparmi questo inutile pianto greco.