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La colpa è di Virginia

Virginia Raggi

Basta far finta di niente

Franco Bechis
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Dopo l'arresto del presidente del consiglio comunale capitolino la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha detto che «questa notizia mi ha assolutamente colto di sorpresa e sono su tutte le furie». Poi con grande stile ha spiegato che l'uomo che da 3 anni le sedeva alle spalle e nei 3 anni precedenti al suo fianco aveva con lei solo «rapporti d'aula, non sono assolutamente la sua ombra. È noto che lui e Roberta Lombardi non mi amassero particolarmente”. Non c'è dubbio che la responsabilità penale sia personale, e che ognuno porti sulle sue spalle il peso delle eventuali malandrinate combinate. Comprensibile la rapidità con cui Luigi Di Maio ha provato ad allontanare dal M5S gli effetti della deflagrazione provocata dal primo esponente grillino arrestato per corruzione. Servirà a poco di fronte a un elettorato incredulo e deluso, ma in quel modo prova a dimostrare la differenza da altri partiti dove il garantismo è di casa: da queste parti no, si è giustizialisti. Ma la Raggi questo diritto non può avere, perché oltre alla responsabilità penale c'è una responsabilità politica, e questa il sindaco di Roma non può davvero fuggirla girando la testa dall'altra parte. È poco intelligente farlo, perché l'arresto è clamoroso, ma l'inchiesta già fa intravedere i suoi possibili sviluppi, e se oggi nei guai è finito chi non amava la sindaca, domani è possibile vi capiti chi ne era legato da affetto. La Raggi è un capo, e un capo si prende le responsabilità di chi era nella barca con lui perfino quando fosse ignaro di quel che combinavano. L'ignoranza è colpa politica grave, non una via di uscita. E non è manco il primo caso. In tre anni è stato arrestato il suo primo collaboratore - Raffaele Marra - che l'aveva perfino trascinata con sé nei guai da cui solo dopo non pochi travagli lei è riuscita a riemergere. Poi sono sono scattate le manette ai polsi di un altro fidatissimo collaboratore come l'avvocato Luca Lanzalone, di cui si era fidata ad occhi chiusi dandogli un potere immenso sulla città di Roma e seguendo ogni sua indicazione come fosse Vangelo. Ora accade a De Vito, suo compagno di partito che forse non amava essendone ricambiata, ma con cui lavorava fianco a fianco da ben sei anni. Ricordo che proprio la Raggi insieme a De Vito e molti leader del M5s portarono al comune di Roma le arance a sfottò di Ignazio Marino, che personalmente era stato sfiorato da vicende giudiziarie di entità non più grave di quelle occorse alla stessa sindaca della capitale, e finite nello stesso modo. Tra arresti, avvisi di garanzia, atteggiamenti al limite del penale e certo eticamente non cristallini, l'amministrazione Raggi ha dimostrato purtroppo che il vento non è affatto cambiato affidando le redini al Movimento 5 stelle: si rubava e si facevano malandrinate prima, e sono tutte continuate in allegria. Va bene, si espellono le mele marce per altro solo dopo che sono state pizzicate con le mani nella marmellata. Ma questo è affare interno a quel movimento: si regolino come meglio credono. Ai cittadini di Roma che li hanno votati cambia nulla rispetto a prima: in fondo De Vito lo aveva tolto loro di torno la magistratura, non Di Maio. Il sindaco di Roma deve prendersi la responsabilità politica di questa delusione provocata ai circa 700 mila romani che le avevano dato fiducia certi di non vedere in onda il brutto film trasmesso. A loro la Raggi deve chiedere scusa, non nascondersi dietro quel bambinesco “hanno arrestato uno che notoriamente non mi amava”. Deve chiedere scusa del vento che non è affatto cambiato come aveva detto il giorno della elezione. La politica si fa così, prendendosi le responsabilità che tutte sulle sue spalle pesano. Se l'unica reazione è “Io non c'ero, non mi sono accorta di nulla perché se anche ci fossi stata avrei dormito”, allora il sindaco di Roma davvero lo può fare chiunque. Pure in modo più dignitoso.

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