le scelte politiche spettano ai politici

A forza di esperti dal pasticciaccio Tav non si uscirà mai

Franco Bechis

Un paio di anni fa mi è capitato di parlare della Tav incontrando a un convegno un gruppo di esperti della materia. Ne sapevo assai poco, e quindi chiedevo lumi. Secondo un esperto la convenienza dell'opera non c'era più perché era stata immaginata anni prima facendo calcoli non più attuali, e nel frattempo in Europa si erano aperti altri corridoi per il trasporto merci (primo fra tutti Alptransit, la galleria di base del Gottardo) deviando lì parte del traffico. Un secondo esperto pur riconoscendo i ritardi della Tav (innegabili) sosteneva che i benefici sarebbero stati ancora attuali, semplicemente spostando più avanti nel tempo il piano finanziario. Un terzo esperto - chiamiamolo il mediatore - riconosceva le ragioni dell'uno e dell'altro e diceva che sì, con tutto il tempo che si è perso e la rapidità con cui altrove le cose si sono fatte la Tav sulla carta non sarebbe stata più un'opera profittevole. Ma l'avrebbe fatta lo stesso, perché una volta realizzata avrebbe creato domanda di trasporto, trasformando in conveniente ciò che non lo è. È più facile trovare due politici che partendo da opinioni diverse si mettano d'accordo e realizzino un compromesso, che non avere quel risultato con due tecnici. Nella vita mi è capitato in più di una occasione di soffrire per qualche malanno che non guariva. Una volta mi sedetti intorno a un tavolo a leggere i quotidiani. Mi appisolai lasciando il polso fra il mio petto e il bordo del tavolo. Quando mi svegliai la mano formicolava. Provai a distendere le dita, a mettere la mano sotto l'acqua fredda, poi quella calda. Ma il polso non reagiva e la mano destra restava giù insensibile a tutto. Corsa all'ospedale, elettromiografia (che significa piccole scariche elettriche) e responso: il nervo radiale non conduceva. Per 6 mesi ho pellegrinato di ospedale in ospedale, di luminare in luminare : ortopedici, neurologi e quanti più ce ne erano. Ho speso una fortuna inutilmente. Ho preso più scariche elettriche che in mezzo a un temporale, ma la mano non tornava su e nessuno sapeva perché. Ognuno aveva la sua dotta opinione, ma nessuno la soluzione. Un giorno il mio direttore, Pierluigi Magnaschi, provò a suggerirmi: «Mia figlia ha conosciuto un chiropratico, è un belga. Dice che è bravissimo, anche se la sua laurea non è riconosciuta in Italia e quindi non è considerato un medico». Ci andai. Si fece raccontare tutto, poi gli si illuminarono gli occhi, prese un batuffolo di cotone e mi disse: «Lo stringa in bocca, fra i denti del giudizio». Lo feci, la mano tornò su come per miracolo. Lui sorrise: «Vada dal dentista. Si faccia rifare l'otturazione al dente lì in fondo. È scesa troppo, e ha spinto sul radiale. Lei l'ha compresso anche dall'altra e il nervo ha smesso di condurre». Era così, e ho recuperato la mano destra che sembrava perduta. La scienza – come direbbero oggi i firmatari di quel ridicolo manifesto-patto animato da Roberto Burioni- non aveva risolto nulla. E la soluzione fu trovata da un signore che quelli guardavano storto, dicendo: «Non è uno scienziato». Ecco, riunire gli esperti sulla Tav non è stata una grande idea. I tecnici sono come i medici: ognuno ha un suo responso diverso dall'altro. Quindi ne devi scegliere uno perché risponde meglio alla tua idea. Se è umano fare così, è da scemi usare questa inutile foglia di fico in politica. Non ci sono tecnici super partes: la commissione costi benefici è stata costruita infatti per ottenere una risposta che volevi dare già prima. Ed è stato tempo perso. Buttate via quel lavoro. Si mettano faccia a faccia Matteo Salvini e Luigi Di Maio, discutano quanto serve, prendano una decisione e non la deleghino né a tecnici né a referendum. Poi che sia sì o no, la comunichino e la difendano davanti agli italiani.