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«Quel rigore è un'ossessione. Falcao? I campioni non fuggono»

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Davide Di [email protected] Era il 30 maggio di 31 anni fa quando il sogno della Roma giallorossa di alzare la Coppa dei Campioni all'Olimpico si infranse sulla traversa colta dal...

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Era il 30 maggio di 31 anni fa quando il sogno della Roma giallorossa di alzare la Coppa dei Campioni all'Olimpico si infranse sulla traversa colta dal dischetto da Ciccio Graziani. Prima di lui, davanti a Grobbelaar, l'indisponente portiere del Liverpool, aveva sbagliato Bruno Conti. Graziani, ci pensa spesso a quella notte? «Sempre. Ogni volta che arriva questo giorno sul calendario. Ma anche quando vedo giocatori sbagliare un rigore pesante. I ricordi, belli e meno belli, fanno tutti parte della vita. Oltre al rammarico personale di aver mancato un trofeo così prestigioso c'è il dispiacere di aver deluso tante persone. Quando batti un rigore non sei da solo, ci sono migliaia di persone con te. In quel caso milioni. L'amarezza è soprattutto per loro». Era tutto pronto per la festa. Questo vi ha penalizzato? «Non ci siamo fatti coinvolgere dal clima ma sapevamo che quella per noi era un'occasione unica. Se avessimo giocato un mese prima avremmo vinto la partita entro i 90 minuti. Siamo arrivati stanchi all'appuntamento e davanti avevamo una grande squadra. Quel Liverpool era paragonabile alle grandi squadre di oggi, come il Barcellona e il Bayern. Falcao era appena ritornato da un infortunio, nella stessa partita sono dovuti uscire Pruzzo e Cerezo». Parla di Falcao. Il suo rifiuto ha pesato psicologicamente sui compagni? «Quando un giocatore non se la sente bisogna accettarlo. Ma i grandi campioni devono sapersi prendere le proprie responsabilità, non possono fuggire. In quell'occasione Falcao non si è comportato da campione». Dieci anni esatti dopo Roma-Liverpool si tolse la vita Agostino Di Bartolomei. Secondo lei quella partita ha influito sul suo gesto? «Non posso sapere quello che ha portato Agostino a compiere quel gesto. La cosa più triste è che nessuno di noi si è accorto del suo disagio. Cosa può averlo spinto a togliersi la vita? Non lo so, sono convinto che avrebbe sempre trovato qualche porta aperta nel mondo del calcio. Se poi ci avesse chiesto un aiuto ci saremmo fatti in quattro. L'unica cosa che posso che posso fare adesso, quando arriva il 30 maggio, è andare in chiesa e accendere una candela per lui».

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