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Il sindaco (del Pd) di Predappio: "I simboli fascisti vanno difesi"

L'idea su un museo sul Ventennio: "Da sei mesi aspetto risposte dal ministero"

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«Scusi, ma in che anno siamo? In genere la furia iconoclasta si scatena subito dopo la caduta di un regime. Ma siamo nel 2015. E se quell'obelisco non l'hanno tirato giù nel '45, perché farlo adesso? Che fastidio dà?». Giorgio Frassineti è il sindaco di Predappio, il paese natale di Benito Mussolini. Come tutti i suoi predecessori, dal 1945 a oggi, guida una giunta di sinistra. Ma quando pensa alla polemica innestata alcuni giorni fa dalla presidente della Camera Laura Boldrini se la prende con chi, ancora oggi, non riesce a fare i conti con il passato. «Sa qual è il problema? È che una parte della sinistra, soprattutto quella che lavora nella cultura, ancora fa fatica a riconoscere quella che è ormai una verità storica acclarata. E cioè che il fascismo ebbe un grande consenso popolare. Gli italiani non vennero drogati. Un po' come è accaduto con Berlusconi, che è sempre stato votato. I contesti erano diversi, ma il principio è lo stesso». Parole che stupiscono in bocca a un primo cittadino che, seppur eletto con una lista civica, fa riferimento al Pd. Un professore, prima che politico, che quasi ogni giorno fa da cicerone alle scolaresche in gita a Predappio, «perché Predappio è Mussolini, e la memoria del Duce non può essere lasciata solo ai commercianti di souvenir, che tramandano gli anni peggiori del fascismo. «Se il sindaco di Predappio non si pone questi problemi - continua - non rende un buon servizio alla sua comunità. Guardi ad esempio la mia scrivania. C'è un enorme fascio littorio. Ma io non lo cancello, anzi, ci ho messo un vetro sopra per proteggerlo». Lo stesso edificio che ospita il Municipio, Palazzo Varano, è stato quello dove ha vissuto per anni il giovane Mussolini. «Io dico sempre - continua - che dai nemici che si chiamano pregiudizio e oscurantismo bisogna difendersi con gli amici che si chiamano cultura e conoscenza. Io guardo i simboli del fascismo e non sento il rumore del regime, ma ripercorro una parte della storia d'Italia. D'altronde abbiamo festeggiato da poco i 150 anni dell'Unità. Eppure in quei 150 ci sono anche i venti del fascismo. Eppure nessuno ne parla. Ma le sembra normale che nel Paese ci sono 66 musei sulla Resistenza e nessuno su quello che è venuto prima?». Un anno fa, di questi tempi, Frassineti fu al centro delle polemiche per il suo proposito di restaurare la Casa del Fascio - che oggi è in uno stato di totale abbandono - per farne un museo sul Ventennio. Oggi non ha abbandonato quel sogno. «Ma la procedura è difficilissima - racconta - perché il Palazzo del Fascio è di proprietà dello Stato, è un bene demaniale, vincolato e cade a pezzi. Ci vorrebbero cinque milioni per ristrutturarlo, alcuni privati sono interessati, ma vorrebbero vedere ovviamente il ritorno economico del loro investimento». Difficile aspettarsi aiuto dalle istituzioni: «Sei-sette mesi fa ho chiesto un appuntamento al ministro della Cultura Franceschini per raccontargli queste cose, per spiegargli che a Predappio non siamo impazziti ma è fondamentale raccontare questo pezzo di Novecento. Non mi ha ancora risposto». E così la «damnatio memoriae» scagliata su Predappio riduce in macerie il passato italiano. Pezzo dopo pezzo.

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