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«I veleni della camorra nel Basso Lazio»

Le rivelazioni bomba del pentito Schiavone: fra Latina e Frosinone sepolte scorie nucleari e radioattive. A Roma il nostro business legale

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I Casalesi hanno avvelenato anche il basso Lazio. Centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi (nei verbali si parla di scorie radioattive e fanghi nucleari disseminati in aree non meglio specificate) sono sparite nelle viscere della terra e, nemmeno troppo lentamente, stanno contaminando le falde acquifere. Il 7 ottobre 1997, il pentito della camorra casertana Carmine Schiavone rivela alla commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti la mappa degli interessi dei boss casertani fuori Campania. «Come zona di influenza nostra, arrivavamo fino a Latina, diciamo la zona di Roma - si legge nel verbale di audizione desecretato l'altro ieri dall'ufficio di presidenza della Camera dei deputati -. Borgo San Michele e le zone vicine erano già di influenza bardelliniana (controllate, cioè, da Antonio Bardellino, primo capo dei Casalesi, ndr) perché avevano società che vendevano nella zona di Latina assieme ai Diana (altra famiglia criminale originaria del Casertano, ndr)». Lo stesso collaboratore di giustizia ammette di aver comprato un'azienda, insieme al cugino, «che mi sono fatto sequestrare perché era "sporca", proprio nella zona di Latina». Lo spettro criminale, in realtà, è addirittura più ampio: lo smaltimento illegale dei rifiuti, gestito dai padrini Sandokan e Bidognetti, tocca «non solo Latina, ma anche Gaeta, Scauri e altre zone» e la «provincia di Frosinone». Schiavone colloca quest'attività criminale «dal 1988 a salire"»anche se, specifica, «già prima, però, la gestivano i Bardellino»". Il pentito (cugino di primo grado di Sandokan) ai componenti dell'organo d'inchiesta parlamentare aveva pure rivelato che gli scavi realizzati per il raddoppio della Roma-Napoli sono pieni di bidoni con sostanze di tutti i tipi. Ma, nella Capitale, il sistema dell'intombamento dei rifiuti tossici non è mai stato adottato. I Casalesi si fermavano a Cassino. Piuttosto, la Città Eterna è diventata terra di conquista per ben altri business. «A Roma avevamo l'attività - si legge nel verbale - avevamo degli appoggi. Prima del 1984, nel 1983, avevamo nostri emissari che erano collegati con Calò (il boss mafioso Pippo Calò, ndr). Eravamo la stessa cosa. Poi, dopo la guerra con i Nuvoletta, alcuni gruppi nostri collegati con Alfieri gestivano qui a Roma, ma non l'immondizia bensì altri...». Altri cosa?

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