Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

I voucher, il governo dei pavidi e la dittatura dei sondaggi

Carlantonio Solimene
  • a
  • a
  • a

Addio voucher. “Perché non ce la sentivamo di spaccare il Paese in un momento del genere” ha detto Gentiloni. Già, meglio il lavoro nero, meglio togliere a una generazione di lavoratori occasionali quella piccola, piccolissima cornice di legalità che un sistema con tanti difetti era comunque riuscito a dare loro. C'è qualcosa di molto amaro nella decisione del governo e del Pd. Di fatto, il partito di Matteo Renzi ha deciso di non difendere una propria legge per paura non del risultato del referendum sui voucher (il raggiungimento del quorum era tutt'altro che certo), ma degli effetti della campagna referendaria sul proprio consenso. “Non possiamo permetterci un altro caso trivelle” hanno ragionato i vertici Dem, alludendo al referendum sulle piattaforme petrolifere in mare che, appunto, non aveva raggiunto i votanti sufficienti per essere dichiarato valido ma aveva comunque scosso il partito e rafforzato la posizione di Michele Emiliano. Ma ha davvero senso governare così? Farsi dettare l'agenda dai sondaggi e dall'opinione pubblica? Attenzione: non è un problema solo del Pd. Certo, i Democratici sono al governo e, per dirne una, non sono in grado di fare la manovra correttiva dei conti pubblici perché al tempo stesso ci sono le primarie per la segreteria e sarebbe impopolare per i renziani. Ma non si comportano allo stesso modo i centristi che rifiutano qualsiasi legge di buonsenso sul fine vita perché hanno paura di alienarsi l'elettorato cattolico? E i grillini che capovolgono quanto promesso in campagna elettorale perché, se a Roma non si facesse lo stadio, i tifosi giallorossi si infurierebbero? E quelli che hanno cambiato idea sulle riforme costituzionali dopo aver fiutato il cambio di clima del Paese? Nel giorno in cui Beppe Grillo, con i fatti di Genova, ha dimostrato una volta di più che della democrazia diretta non gli importa assolutamente nulla, i partiti si sono piegati a qualcosa di molto peggio: la dittatura dei sondaggi. Certo, la democrazia è consenso, da questo non si scappa. Ma governare è anche coraggio delle proprie scelte. E questo coraggio, forse, alla fine potrebbe procurare molto più consenso di quello, effimero, che si ottiene inseguendo le virate dell'opinione pubblica a ogni refolo di vento. E' troppo pretendere un atto di coraggio quando manca così poco alle elezioni politiche? Sì, la vicenda dei voucher insegna che è decisamente troppo.

Dai blog